Uno scambio di prigionieri tra i soldati ucraini prigionieri dell’esercito russo dopo la resa dell’acciaieria Azovstal sarebbe ancora un’ipotesi aperta, ma «quasi impossibile» se la trattativa coinvolge anche l’oligarca filo-russo Viktor Medvedchuk. Dal Cremlino è il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko, citato da Tass, a tenere viva la speranza che i combattenti che hanno resistito per tre mesi nell’impianto di Mariupol non siano destinati a un eventuale tribunale russo, come paventato nei giorni scorsi dai leader separatisti del Donbass. «Credo che tutto ciò che non contraddica il buon senso sia possibile», ha detto Rudenko, seppur non prendendosi la responsabilità di esprimere una posizione ufficiale del Cremlino: «Non rientra nella mia area di responsabilità. Ci sono discussioni, probabilmente, e tutte queste cose sono in discussione».
Il freno del Cremlino
Più netto è stato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che secondo Tass ha definito: «quasi impossibile parlare della possibilità di scambiare il politico ucraino Viktor Medvedchuk con i nazionalisti che hanno lasciato Azovstal». Peskov ha confermato che le trattative per lo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina sono in corso «in una forma o nell’altra», ma ha ribadito anche che l’oligarca è un cittadino ucraino: «non ha nulla a che fare con la Russia e non un militare. E nel caso di persone che si sono arrese ad Azovstal, stiamo parlando di militari e membri di nazionalisti formazioni». Per questo, ha aggiunto Peskov: «si tratta di categorie di persone completamente diverse ed è quasi impossibile parlare di scambi qui».
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