Aborto, in Italia brusco calo delle interruzioni di gravidanza monitorate da Istat. Tra i medici è allarme per il kit “fai da te”

La maggiore diminuzione calcolata per l’anno 2020 si registra tra le giovanissime. Cresce l’uso della pillola del giorno dopo, scende il numero degli obiettori

L’ultimo rapporto Istat in collaborazione con il ministero della Salute sugli aborti in Italia registra un calo senza precedenti. La curva del 2020 ha segnalato un -9,3% rispetto all’anno precedente: da 73.207 interruzioni volontarie a 66.413. I numeri sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica delle IVG, attivo in Italia dal 1980, che impegna Istat, Istituto Superiore di Sanità, Ministero della Salute da una parte e Regioni e Province autonome dall’altra. Il report conferma una tendenza al ribasso ormai rilevata da decenni in Italia e che per il 2020 ha superato le percentuale di calo degli anni precedenti. «Non si tratta di una conseguenza del Covid», spiega il ministero della Salute nell’ultima relazione annuale al Parlamento sull’attuazione della legge 194, «o dei disservizi della sanità dovuti all’emergenza pandemica». Nonostante il lockdown e la riduzione degli interventi chirurgici «le interruzioni di gravidanza sono state sempre regolarmente garantite», essendo una prestazione «inserita tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico».


Il maggiore calo tra le giovanissime

La fascia d’età dove il calo si è registrato in modo più evidente è stata quella al di sotto dei 20 anni, con una diminuzione del 18% rispetto al 2019. Tra i 20 e i 25 anni la curva è scesa del 12%, mentre le donne sopra i 30 anni si attestano a un 3% totale di interruzioni di gravidanza. Il tasso di abortività più elevato resta nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni, mentre tra le minorenni nel 2020 è risultato pari a 1,9 per 1.000 donne, valore inferiore a quello del 2019. Le cittadine straniere continuano ad essere una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto alle italiane: per tutte le classi di età le straniere hanno tassi di abortività più elevati delle italiane di 2-3 volte. Anche in questo caso si osserva comunque una diminuzione: 12,0 per 1.000 donne nel 2020 contro 17,2 per 1.000 donne nel 2014.


Cresce l’uso della pillola del giorno dopo

«Certamente la contraccezione ha il suo ruolo», spiega Elsa Viora, presidente dell’Aogoi, Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani. «Così come la possibilità di accedere alle pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo», ormai senza obbligo di ricetta. Nel 2020 sono state 266.567 le scatole di ellaOne acquistate contro le 259.644 dell’anno prima. «Sicuramente il sistema è perfettibile. Occorre in realtà potenziare i consultori, che dovrebbero avere un ruolo centrale nella prevenzione. Ma da questo punto di vista passi avanti non ne sono stati fatti».

Meno obiettori di coscienza

Sotto la lente dei riflettori dell’osservatorio Istat anche gli obiettori. Stando agli ultimi dati raccolti diminuiscono sempre di più i medici che si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza alle proprie pazienti: nel 2020 sono stati il 64,6% del totale, del 2019 erano il 67%. «Da un paio di anni la maggior parte dei nuovi specializzandi dichiara la non obiezione», fa sapere Paola Lopizzo, responsabile di Salute riproduttiva e interruzione volontaria di gravidanza dell’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma. «Forse c’è un cambiamento culturale».

L’allarme del kit “fai da te”

E quindi il reale problema sembrerebbe un altro. «Anche se è difficile da quantificare c’è sicuramente una buona percentuale di aborto clandestino», spiega Lopizzo. «Abbiamo osservato infatti che su internet si vendono kit, intorno ai 150 euro, con i farmaci per l’ivg. Purtroppo, non conosciamo la qualità di questi prodotti. E soprattutto ci sfugge il numero di donne che, oltre a non essere tracciate nei dati ufficiali, non hanno l’assistenza sanitaria necessaria».

Più della metà degli ospedali ha assicurato il servizio

Secondo i risultati di Istat in collaborazione con il ministero della Salute gli ospedali sono stati in grado di garantire il servizio. Oltre la metà delle strutture sanitarie, il 64%, ha assicurato la possibilità di un’interruzione di gravidanza. «E’ chiaro che in ogni caso si tratta di una realtà a macchia di leopardo», precisa Giovanni Migliore, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). «Le aziende sanitarie sono spesso costrette a percorsi di riorganizzazione interna, che magari obbliga qualche paziente a dover utilizzare strutture non immediatamente prossime al domicilio», spiega Migliore.

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