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Stupro di Ravenna, per i giudici la ragazza «era pienamente in sé» perché ha telefonato alla madre: le motivazioni dell’assoluzione degli imputati

16 Luglio 2022 - 12:02 Enrico Spaccini
Per il collegio penale quello che è accaduto nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 2017 non fu stupro. Dai video registrati da uno dei due giovani «non si apprezza costrizione». Ora si attende il ricorso in appello

Adele era riuscita a parlare con gli amici e con la madre al telefono appena 15 minuti prima «di avere il rapporto in contestazione». Per questo motivo, secondo il collegio penale del Tribunale di Ravenna, la ragazza all’epoca 18enne aveva dimostrato di essere «pienamente in sé». Essendo in grado «di esprimere validamente un consenso», quello non fu stupro. Lo scorso 8 febbraio il Tribunale aveva assolto in primo grado i due ragazzi accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di Adele, nome di fantasia per la 18enne che aveva sporto denuncia nel 2017. La Procura aveva chiesto 9 anni di carcere sia per il 25enne di origine romena con cui la ragazza aveva avuto il rapporto sessuale, sia per il 27enne di origine senegalese che aveva filmato tutto.

Quella notte di ottobre

Ora si attende il ricorso in appello della pm Angela Scorza che ha seguito il caso. Atto scontato e già richiesto dalla stessa Adele in un’intervista rilasciata a la Repubblica pochi giorni dopo la sentenza: «Perché occorre continuare a lottare per ottenere quella che per me è giustizia». Tutto accadde nella notte tra il 5 e il 6 ottobre. Dopo vari bicchieri di vino e superalcolici, la ragazza era stata portata a spalla dai due giovani da un locale in centro di Ravenna fino a un appartamento poco distante. Come raccontato da Sara, una delle amiche di Adele, la 18enne «non stava sulle gambe». Non voleva tornare a casa perché temeva la reazione dei genitori a vederla in quello stato. Decide, quindi, di andare a casa di questi amici con Sara, un’altra amica e i due imputati.

Per la Corte, questo sarebbe accaduto all’una di notte. Arrivati in quell’appartamento, alle 2.01 è stata infilata sotto la doccia «per farla riprendere». Alle 3 è andata in bagno «camminando da sola» e alle 4.05 ha scambiato messaggi con la madre «circa l’orario del rientro» e, secondo il collegio penale, fornendo «risposte congrue alle sue domande». Poco dopo, alle 4.22, ha avuto il rapporto sessuale con il 25enne sul divano mentre l’amico filmava con il suo cellulare. Secondo la Corte, non si può affermare «che gli imputati fossero in grado di rendersi conto che la giovane non fosse ancora compiutamente in possesso della piena capacità di autodeterminarsi sessualmente». Non solo, analizzando i video registrati dal 27enne «non si apprezza costrizione o manovra seduttiva, istigativa o persuasiva», e nemmeno «passività inerte o incoscienza della vittima».

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