In Evidenza ENISiriaUSA
ATTUALITÀBariConcussioneInchiestePugliaSanitàTruffeTumori

L’oncologo accusato di far pagare i farmaci gratuiti ai malati terminali di tumore

21 Luglio 2022 - 07:43 Redazione
giuseppe rizzi medico bari oncologo farmaci gratuiti malati terminali
giuseppe rizzi medico bari oncologo farmaci gratuiti malati terminali
Giuseppe Rizzi è a processo per concussione e truffa aggravata. E ieri il pubblico ministero Marcello Quercia ha chiesto per lui dieci anni di reclusione

Giuseppe Rizzi è un oncologo barese di 66 anni. La procura di Bari lo accusa di aver fatto pagare ai suoi assistiti malati terminali una serie di farmaci definiti «miracolosi» ma che in realtà erano gratuiti in quanto passati dal Servizio Sanitario Nazionale. Rizzi è a processo per concussione e truffa aggravata. E ieri il pubblico ministero Marcello Quercia ha chiesto per lui dieci anni di reclusione. Oltre a un risarcimento simbolico di un euro per ogni medico iscritto all’Ordine di Bari. La compagna del medico, l’avvocata Maria Antonietta Sancipriani, è accusata di complicità nella truffa. Per lui la richiesta dell’accusa è una condanna a 4 anni. La storia dell’inchiesta la racconta oggi l’edizione barese di Repubblica. L’inchiesta è partita nel 2019 dopo la denuncia dei familiari di un paziente deceduto per un tumore. Lui avrebbe consegnato a Rizzi 127 mila euro in un anno per le cure. Che in realtà avrebbero dovuto essere gratuite in quanto rimborsabili attraverso il Ssn.

I figli dell’uomo si sono costituiti parte civile e chiedono un risarcimento di un milione di euro. Altre 17 persone (alcune delle quali nel frattempo morte) sono state individuate come parti offese al termine dell’inchiesta. Rizzi, che all’epoca lavorava all’Istituto tumori Giovanni Paolo II, è accusato di aver fatto pagare fino a 7 mila euro per ogni iniezione del farmaco. Dando ai malati false speranze di guarigione in cambio di 2,5 milioni di euro: è questa la somma racimolata dal medico in dieci anni. La compagna gestiva un Caf che all’occorrenza veniva adibito a laboratorio medico. Al professionista è contestato anche di aver truffato l’istituto oncologico: percepiva una indennità aggiuntiva di oltre 1.000 euro al mese rispetto allo stipendio per non effettuare attività privata. Che invece effettuava a pagamento. La sentenza è attesa per settembre.

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti