Inchiesta Autostrade, le accuse dei pm sui falsi report dei manager Aspi: «Così provarono a truffare lo Stato»

Sono 56 gli indagati, a vario titolo, per falso, frode, tentata truffa, attentato alla sicurezza dei trasporti e crollo colposo. Tra questi l’ex ad di Atlantia Giovanni Castellucci

Gli ex manager di Autostrade per l’Italia provarono a truffare lo Stato, dopo averlo frodato, cercando di farsi rimborsare dal ministero delle Infrastrutture costi per migliorie in realtà mai realizzate. È uno dei dettagli emersi nell’avviso di fissazione dell’udienza stralcio per decidere quali intercettazioni usare nell’inchiesta per le barriere fonoassorbenti pericolose, i falsi report sui viadotti autostradali e le gallerie non a norma. Sono 56 le persone indagate, a vario titolo, di falso, frode, tentata truffa, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo. I pm Walter Cotugno e Stefano Puppo contestano la tentata truffa all’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, agli ex numeri due e tre Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e a Stefano Marigliani, ex direttore di tronco. Secondo i magistrati, i quattro comunicavano di avere realizzato interventi migliorativi delle barriere apposte sulla rete autostradale, senza averli realmente mai realizzati. In questa maniera avrebbero indotto in errore il personale del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul rimborso dei costi sostenuti per tali interventi, procurandosi un ingiusto profitto.


Le accuse sui falsi report e sui lavori mai eseguiti

Dopo il crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018, a seguito del quale persero la vita 43 persone, era stata avviata un’indagine sulle cause del disastro e quindi sui falsi report di collaudo e manutenzione di quasi tutta la rete autostradale. Secondo gli investigatori della guardia di finanza, i tecnici di Spea, la società di Atlantia che opera nel settore dell’ingegneria e delle infrastrutture, ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare di eseguire i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano «attaccate con il Vinavil». A un anno di distanza, il 30 dicembre 2019, era crollata una parte della volta della galleria Bertè, sulla A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito nessuna auto. Prima del crollo, la Commissione permanente delle Galleria aveva imposto ad Autostrade per l’Italia la chiusura dei tunnel a rischio. Disposizione disattesa fino al 2020. Non solo. La procura scoprì che le opere di mantenimento delle funzionalità delle gallerie non erano state fatte, così come le dovute ispezioni.


Le accuse all’ex direttore di tronco Mirko Nanni

Motivi per i quali l’ex direttore del primo tronco autostradale, Mirko Nanni, risulta indagato per omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, inadempimento di contratto di pubbliche forniture. Le accuse sono contenute nell’avviso di fissazione di udienza stralcio per la selezione delle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta sulle barriere anti-rumore pericolose, sui falsi report sui viadotti e sulle mancate ispezioni alle gallerie. L’udienza è fissata per il 20 ottobre.

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