Emergono scambi epistolari tra Giulio Andreotti e Don Vergari. Ed escono fuori i movimenti di Andreotti, a fine anni ’80, per la famiglia De Pedis. Ovvero dell’uomo indicato da pentiti e poliziotti come boss della Banda della Magliana, anche se non è mai stato condannato. Nel 1989 il Divo Giulio era a capo del governo italiano. In quell’anno il rettore della Basilica di Sant’Apollinare Don Vergari gli scrisse per chiedergli un favore per il fratello di Enrico De Pedis, alias Renatino. Ovvero Marco De Pedis. «La sera del 18 agosto sono intervenuti nel ristorante per un controllo gli agenti di polizia, stilando un verbale, perché Jean e Taddeo, avevano il certificato di robusta e sana costituzione fisica fatto nella Caritas e secondo gli agenti non era sufficiente. Marco De Pedis, proprietario del locale, avrà dei problemi per questo».
Il prete e il premier
E ancora: «La pratica è presso il commissariato di Trastevere. Non mi sembra giusto infierire e far avere dei dispiaceri a Marco De Pedis». Questo scrive Don Vergari ad Andreotti in una lettera datata 29 agosto del 1989. A riportarlo è Repubblica che è venuta in possesso dei fogli.

La risposta del leader della Dc
Il sacerdote che scrive è stato indagato nel 2021 per la scomparsa della 15enne di un messo pontificio. Poi l’accusa venne archiviata. Non tardò troppo ad arrivare la risposta di Andreotti. Il 9 ottobre 1989 il leader della Dc scrive: «Le assicuro che me ne interesserò nei limiti del possibile». A novembre, però, riporta Repubblica: «Il sottosegretario di stato per gli affari esteri, Claudio Vitalone, scrive a Carlo Zaccaria, segretario particolare del premier, informandolo di aver contattato gli organi di polizia che però avevano già trasmesso il relativo verbale rendendo impossibile ogni intervento». Emergono quindi ottimi rapporti tra Don Vergari e Andreotti. Ottimi scambi tanto da chiedere il suo aiuto per il fratello del boss mafioso Renatino. Un nuovo elemento, che era già emerso durante il caso Orlandi negli interrogatori di Sabrina Minardi, amante del boss, che però non venne mai creduta.
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