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Genova, una donna muore dopo l’asportazione di un neo sul tavolo di una cucina: condannati il santone e il medico

24 Settembre 2022 - 09:49 Michela Morsa
Roberta Repetto, che curava i social del centro benessere, è morta nell'ottobre del 2020 a causa di un grave melanoma. Ridimensionate le accuse

Erano accusati di omicidio volontario, violenza sessuale e circonvenzione di incapace ai danni di Roberta Repetto. Morta a 40 anni per un melanoma dopo la barbara asportazione di un neo sulla schiena. Eseguita senza anestesia e senza disporre l’esame istologico. Paolo Bendinelli, noto come il “santone” del centro Anidra di Borzonasca, in provincia di Genova, e il medico Paolo Oneda – esecutore materiale dell’intervento e imputato esclusivamente per omicidio – sono stati condannati dal giudice per le udienze preliminari Alberto Lippini a 3 anni e 4 mesi per omicidio colposo. Una sentenza che tiene conto della riduzione di un terzo della pena vista la scelta del rito abbreviato. E che, soprattutto, ridimensiona la responsabilità dei due e supera le accuse di violenza sessuale e circonvenzione di incapace rivolte a Bendinelli. La terza persona accusata di omicidio volontario, la psicologa del centro Paola Dora, è stata assolta.

Roberta Repetto e il melanoma

I familiari di Roberta, che gestiva i social di Anidra, non hanno voluto commentare la decisione del gup, ma hanno diffuso un asciutto comunicato: «La famiglia Repetto prende atto della sentenza che condanna (scritto in maiuscolo, ndr) per omicidio colposo Paolo Oneda e Paolo Bendinelli a 3 anni e 4 mesi di reclusione e assolve Paola Dora e resta in attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato a questa decisione». La sorella di Roberta, Rita, che in vista del secondo anniversario dalla sua morte ha promosso una raccolta fondi a favore dell’associazione Melanoma Day. E ha pubblicato un post in cui cita Fabrizio De André: «Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti». Il legale di Bendinelli, invece, ha subito spedito una pec per chiedere il ritorno in libertà del suo assistito, che ha già scontato un anno e sei mesi ma è l’unico ancora agli arresti domiciliari a Firenze.

La vicenda

Era l’ottobre del 2020 quando Roberta morì all’ospedale San Martino di Genova, dove era arrivata con il corpo invaso dalle metastasi di un melanoma rilevato troppo tardi, diversi mesi dopo l’asportazione del neo sulla schiena. Operazione compiuta da Oneda alla presenza di Bendinelli su un tavolo da cucina del centro Anidra, senza anestesia e soprattutto senza eseguire l’esame istologico che avrebbe potuto salvare la vita di Repetto. Che poche settimane dopo aveva cominciato ad avvertire dolori lancinanti e malessere diffuso. Curabili, secondo i due imputati, con «tisane zuccherate e meditazione». O «immersioni purificatrici» nel fiume vicino al centro. A supporto della ricostruzione di procura e carabinieri ci sono messaggi e mail fra la donna e il santone. In cui secondo l’accusa emerge un rapporto di totale soggezione della vittima. La sentenza però ridimensiona il quadro ed esclude che Bendinelli, Oneda e Dora volessero uccidere o mettessero in conto la possibile morte della 40enne.

Processi ancora in corso

Le indagini sulla morte di Repetto si sono incrociate con un altro caso, segnalato in un esposto dai familiari di una giovane bresciana ospite del centro. Secondo i genitori, la figlia sarebbe stata plagiata da Bendinelli e costretta ad avere rapporti sessuali con lui e con altri uomini ai vertici del centro. Per questa vicenda l’inchiesta è ancora in corso. E un altro processo con rito ordinario pende su uno dei personaggi di spicco del centro. Teresa Cuzzolin è accusata di circonvenzione di incapace sempre ai danni di Roberta, a cui avrebbe estorto decine di migliaia di euro da destinare ad Anidra. Il centro di Borzonasca, in questi anni, è stato messo all’asta giudiziaria per problemi economici dei soci. Ed è stato ricomprato da persone molto vicine alla vecchia amministrazione per 220mila euro. «Continueremo le nostre attività», le parole della portavoce di Anidra Francesca Cambi.

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