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Terremoto dell’Aquila, Palazzo Chigi condannato per l’avviso «Non c’è pericolo» prima del sisma: 8 milioni ai famigliari delle vittime

24 Dicembre 2022 - 10:20 Redazione
Al centro della sentenza ci sono le frasi rassicuranti dell'allora numero due della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, una settimana prima del sisma

Otto milioni di euro. È questa la somma che la presidenza del Consiglio dei ministri dovrà risarcire alle famiglie delle vittime del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, secondo quanto deciso dal giudice Baldovino De Sensi del tribunale civile del capoluogo abruzzese. Le 30 parti civili coinvolte, rappresentate da Maria Teresa di Rocco e Silvia Catalucci, riceveranno somme diverse, in base ai danni subiti. Al centro della vicenda ci sono le rassicurazioni del numero due del dipartimento nazionale della protezione civile, Bernardo De Bernardinis, braccio destro di Guido Bertolaso. Se il secondo è stato assolto in un procedimento collaterale, il primo è stato condannato a due anni. Una settimana prima del sisma nel quale morirono 309 persone, infatti, De Bernardinis tranquillizzò la popolazione che secondo il tribunale ne hanno modificato i comportamenti, spingendole a restare in casa anziché ripararsi all’esterno. «Non c’è pericolo, l’ho detto anche al sindaco», recitano le dichiarazioni incriminate nelle carte del processo. E ancora: «La comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole, perciò, uno scarico di energia continuo», aveva detto De Bernardinis.

La sentenza e il processo

Nella sentenza si legge che «tali dichiarazioni sono state ritenute in sede penale idonee ad incidere sul comportamento dei cittadini e conseguentemente siccome frutto di negligenza, imperizia, ed imprudenza anche a fondare la responsabilità penale dello stesso e la conseguente condanna del responsabile civile odierno convenuto al risarcimento dei danni subiti dalle vittime». Inoltre, prosegue il documento, Palazzo Chigi «aveva ed ha avuto la concreta possibilità di verificare la correttezza dell’operato degli imputati sia in ossequio a precisi doveri normativi sia in applicazione delle generiche regole di diligenza prudenza e perizia». Ed è perciò che ora dovrà farsi carico del risarcimento. Il risultato è frutto della scelta dei legali che Rocco e Catalucci, che nel 2010 decisero di intraprendere la via civile al posto di quella penale contro la Commissione Grandi Rischi, uno degli organi della presidenza del Consiglio.

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