Stallo Camera Usa, anche la decima votazione è un flop. L’ultradestra non molla: per McCarthy 200 voti

Dopo lo scrutinio record che non accadeva da 164 anni, gli Stati Uniti attendono ancora la nomina dello speaker, terza carica più importante del Paese dopo presidente e vicepresidente

Nulla di fatto. Dopo 10 votazioni la Camera Usa non ha ancora uno speaker rimanendo così paralizzata nelle sue funzioni. Lo scrutinio record che non accadeva da 164 anni si è risolto con l’ennesima sconfitta di McCarthy: il repubblicano si è fermato a 200 voti come era successo nel nono round mentre i 20 ribelli hanno sostenuto candidati alternativi. I dem sono rimasti saldi sul loro leader Hakim Jeffrey, che ha raccolto tutte le 212 preferenze. Il decimo scrutinio ha segnato un record storico per la Camera. Il repubblicano Kevin McCarthy aveva perso anche il nono scrutinio, dopo 8 votazioni andate completamente a vuoto. Rispetto al tentativo precedente dove aveva ottenuto 201 voti, il 57enne si era fermato a quota 200, con i 20 ribelli trumpiani che hanno diviso i loro voti su altri due candidati. Uno stallo che tiene la Camera Usa completamente paralizzata ma che fino a poche ore fa aveva visto il candidato repubblicano McCarthy intenzionato a non mollare: «Andrà tutto avanti così fino a quando non arriverà un accordo. Quando arriverà vincerò», ha detto dopo l’ennesimo buco nell’acqua. Nell’ottava votazione invece il 57enne era stato bocciato rimanendo a quota 201, mentre il suo avversario Byron Donalds ha visto scendere il suo consenso da 20 a 17 voti. Responsabili dell’opera di ridimensionamento tre ribelli che hanno votato per altri candidati.


Il Paese attende ancora per la nomina di una figura politica centrale, la terza carica più alta nel Paese, dopo il presidente e il vicepresidente la cui assenza comporterebbe gravi danni al normale andamento delle azioni politiche: senza speaker tutti i lavori della Camera, il principale corpo legislativo degli Stati Uniti, sono bloccati e i membri eletti non possono neanche prestare giuramento, insediarsi e quindi approvare leggi. Al centro dello stallo la figura di McCarthy. Dopo le elezioni di midterm che hanno consegnato la Camera ai repubblicani, è sempre stato il 59enne il nome più papabile del partito per il ruolo di speaker. Per vincere alla prima votazione sarebbero serviti 218 voti sui 435 deputati presenti. Considerando che 222 sono repubblicani, McCarthy avrebbe raggiunto la nomina già solo con l’appoggio del suo intero partito. Un gruppo di circa venti repubblicani però, accesi sostenitori di Donald Trump, hanno finora rifiutato di votare McCarthy non ritenendolo abbastanza conservatore, sostenendo in alternativa il nome di Byron Donalds. I 212 dem invece sono andati granitici sul loro nuovo leader, Hakim Jeffries.


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