Stefano Bonaccini e le primarie del Pd: «Sono stato comunista e non me ne vergogno»

Il candidato suona la carica: il Pd rischia l’irrilevanza. Torniamo alla vocazione maggioritaria

«Sono stato un comunista emiliano. E non ho nulla di cui vergognarmi. Anzi, ne sono orgoglioso». Il candidato alla segreteria del Pd e presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in una intervista al Corriere della Sera suona la carica per le primarie. Aggiungendo che quando Occhetto «disse che dovevamo cambiare nome e simbolo, pensai: finalmente. Il comunismo sovietico ha distrutto la libertà». Ma «i comunisti italiani hanno contribuito a liberare il Paese. E a fare dell’Emilia una regione tra le più ricche d’Europa, mentre nel ’46 era tra le più povere d’Italia».


Il candidato e la premier

Il leader però tiene il punto sul pericolo estrema destra che non c’è: «No. Meloni non è fascista. Semmai il pericolo è un sovranismo amico di Paesi che hanno torsioni autoritarie, come l’Ungheria». Della premier Bonaccini pensa che sia «una che ha fatto la gavetta. Per lei è stata particolarmente dura, perché è una donna, e la politica italiana è molto maschilista. Se vincerò le primarie, le chiederò un incontro. Per dirle che la considererò sempre un’avversaria, mai una nemica». Mentre con Schlein, sostiene, «l’amicizia e l’affetto non verranno mai meno. Se toccherà a me, la coinvolgerò nella segreteria. Se toccherà a lei, mi metterò a sua disposizione». Secondo Bonaccini alle primarie del 26 febbraio di gente ne andrà a votare «tanta. Ci scommetto. Siamo l’unico partito a farle».


Un candidato da bar

Mentre il Pd al 14% nei sondaggi «rischia l’irrilevanza. Io sono per tornare alla vocazione maggioritaria. Che non significa non fare alleanze. Significa non delegare nulla a nessuno. Non delego i voti di sinistra ai 5s, né i voti moderati al Terzo polo. Vogliamo andare a prenderceli noi». Per il candidato «se Conte è così di sinistra, non si presenterà più da solo. Perché così diventa il migliore alleato della destra». Invece «noi dobbiamo studiare Gramsci, Gobetti, Dossetti, Bobbio. E nello stesso tempo dobbiamo saper parlare come la gente al bar».

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