Messina Denaro, la strategia del silenzio. Il boss rifiuta ancora di comparire in udienza, Bonafede si avvale della facoltà di non rispondere

Si è svolto stamattina l’interrogatorio di garanzia del geometra di Campobello di Mazara, accusato di aver coperto la latitanza del capomafia

Nell’interrogatorio di garanzia che si è svolto oggi nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato l’identità al boss Matteo Messina Denaro, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Secondo i pm, il geometra di Campobello di Mazara – che ora si trova in carcere – avrebbe coperto a lungo la latitanza del capomafia e, per questo, i magistrati gli contestano il reato di associazione mafiosa. Sempre oggi, lo stesso Messina Denaro ha rinunciato ancora una volta a comparire nel procedimento di Palermo che vede coinvolti padrini, gregari della mafia agrigentina e l’avvocata Angela Porcello. La sua posizione era stata stralciata a causa della latitanza: in questi casi la legge prevede la sospensione del procedimento. All’udienza di oggi, alla quale il boss avrebbe potuto partecipare in videoconferenza dal carcere de l’Aquila, rappresentava l’accusa il pm della Dda Claudio Camilleri. Il legale di Andrea Bonafede, l’avvocato Aurelio Passante, ha risposto così ai giornalisti al termine dell’interrogatorio del suo assistito: «L’ho trovato bene. Aspettiamo le conclusioni delle indagini». Il gip ha spiegato che la figura di Bonafede «appare riconducibile a quella dell’affiliato riservato al servizio diretto del capomafia». Ovvero colui che consente al boss «non soltanto di proseguire la sua latitanza, ma altresì e soprattutto di mantenere il suo ruolo di comando nell’organizzazione mafiosa».


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