L’asilo degli orrori scoperto grazie alle stagiste, i racconti shock: la gara tra maestre a chi colpiva i bambini

Oltre agli insulti, i piccoli sarebbero stati usati per un gioco folle: le insegnanti avrebbero usato ciabatte, pantofole e palline di plastica per colpire i bambini, assegnando un punteggio alle parti del corpo da centrare

Emergono nuovi dettagli nell’inchiesta sulle maestre dell’asilo nido privato a Vanzago, nel Milanese, dove diciassette bambini sarebbero stati costretti a subire maltrattamenti. L’indagine è nata grazie alla denuncia di alcune studentesse dell’istituto professionale Puercher-Olivetti di Rho che svolgevano uno stage nella scuola in questione. Al centro dell’inchiesta ci sono 5 maestre e la titolare dell’asilo. Una struttura che a vederla da fuori potrebbe sembrare come tante altre. Il profilo Facebook mostra i bambini impegnati e divertiti nelle classiche attività ludiche previste nelle scuole dell’infanzia. In realtà sarebbe stato solo un «inganno» ai genitori. «Notavamo che facevano fare i lavoretti ai bambini giusto il tempo di fare la foto da mandare ai genitori, tutto sotto gli occhi di B. (la direttrice, ndr), che mi dava l’impressione di ripudiare i bambini», ha raccontato una stagista ai carabinieri. Per il giudice delle indagini preliminari – che per le sei docenti ha disposto le misure dell’obbligo quotidiano di presentazione in caserma e l’interdittiva del divieto di esercizio della professione – le indagate avrebbero dimostrato «una tale incuranza, insensibilità e spregio verso i bimbi che ne confermano non soltanto una personalità fortemente negativa perché incapace di percepire il disvalore, ma anche una indiscutibile incapacità di autocontrollo sì da ritenere le stesse inidonee allo svolgimento della professione di educatrici». Inoltre, è emerso che il l’asilo nido poteva ospitare fino a 23 bambini, ma ce ne erano solitamente fino a 30.


Una delle studentesse ha descritto alle autorità il comportamento adottato dalla «più esagitata», la ventiseienne M.M. riferendo l’episodio di quando un piccolo di 14 mesi stava piangendo. «Lo mette su una cesta-dondolo cullandolo un po’, il bambino continua a piangere. Allora M. prende la cesta con il bimbo, lo mette nel bagno adiacente la cucina e lo lascia lì al buio con la porta chiusa. Avevo modo di sentire il bambino che continuava a piangere, urlava. Infastidita di ciò, allora io vado a prendere il bambino, che si è aggrappato ai miei vestiti come a dirmi di non rimetterlo giù», ha dichiarato, come riporta Il Quotidiano Nazionale. Ma non solo. «Ho notato che – prosegue – davano da mangiare a tutti i bambini con lo stesso cucchiaio e la stessa forchetta, anche se i bambini stavano male, infatti un giorno si presentarono all’asilo solo dieci bambini perché gli altri stavano male». Non essendoci lettini per tutti, i più piccoli spesso sarebbero finiti a «dormire in bagno e sui materassi nel salone». Oltre agli insulti, i piccoli sarebbero stati usati per un gioco folle: dopo aver abbassato le tende che davano sulla strada, le insegnanti avrebbero iniziato a lanciare ciabatte, pantofole e palline di plastica assegnando un punteggio alle parti del corpo da centrare. Chi faceva cadere i piccoli prendeva più punti. Alcuni, stando sempre ai racconti delle stagisti, avrebbero riportato delle ferite e piccole fuoriuscite di sangue.


Le intercettazioni della dirigente

Nell’ordinanza del giudice spunta un’intercettazione telefonica della direttrice dell’asilo incriminato. Risale al 26 maggio 2022, a 9 giorni dall’inizio delle indagini dei carabinieri a seguito della segnalazione di 6 stagiste. «Bisogna giocare con queste cose perché se si vede che io sto gridando un bambino è maltrattamento? No!», dice la titolare. «Mi auguro cioè che almeno non valutino questo come maltrattamento», continua. «Loro, è quello che mi ha detto anche l’avvocato, partono dal momento in cui vedono ceffoni, tiri capelli, vomita e gli fai mangiare il vomito, tutte cose che sono successe che abbiamo visto in televisione, lo prende a calci… quello è maltrattamento». E per queste parole, scrive il giudice, «appare assolutamente necessario impedire il protrarsi della situazione di pericolo per l’incolumità psico-fisica delle persone offese che occorre tutelare, evitando che si verifichino nuovi episodi aggressivi».

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