Sulle tracce del tesoro di Messina Denaro, nei pizzini il «Malato» era il fratello del pentito Geraci. Il sospetto: faceva da bancomat di Rosalia

Fratello di Francesco, noto come il «gioielliere di Castelvetrano», il «Malato» si occupava di consegnare ingenti somme di denaro alla sorella del boss durante la latitanza

Almeno una parte del tesoro di Matteo Messina Denaro sarebbe passata dalle mani di Andrea Geraci, fratello di Francesco, il pentito lo scorso febbraio noto anche come il «gioielliere di Castelvetrano», perché custodì fino a farli ritrovare i gioielli d’oro di Totò Riina. Nei pizzini ritrovati nella casa di Rosalia Messina Denaro, Andrea Geraci viene indicato con lo pseudonimo di «Malato». A differenza del fratello Francesco, amico d’infanzia di Matteo Messina Denaro, Andrea Geraci non hai mai interrotto i rapporti con Cosa nostra e in particolare con il boss mafioso nel corso dei suoi 30 anni di latitanza. Come ricostruiscono gli inquirenti, in uno dei pizzini ritrovati nell’asse da stiro nella casa di Rosalia Messina Denaro, vengono indicati movimenti di denaro di cui si sarebbe occupato Andrea Geraci. A questo proposito, il gip scrive: «Oltre al saldo provvisorio della cassa e alle solite uscite (ben 12.400 euro mensili), vengono annotate anche alcune entrate pari a 2.500 euro in un’occasione e 4.000 in un’altra». Denaro che secondo gli inquirenti era stato consegnato a Rosalia, indicata nei pizzini come «Fragolone», da un soggetto indicato col nome di «Malato», che è stato «identificato dagli investigatori appunto in Andrea Geraci».


Il ruolo dei Geraci dietro l’attentato a Falcone e quello fallito a Costanzo

I fratelli Geraci sono stati per anni legati in modo strettissimo con il boss di Castelvetrano. Francesco Geraci è morto a febbraio per un tumore al colon, lo stesso di cui è malato Messina Denaro. Era stato lui a raccontare ai pm del piano di Cosa nostra per uccidere il giudice Giovanni Falcone e il giornalista Maurizio Costanzo. Il nome dei due fratelli era anche emerso in diverse altre indagini sulla mafia, tra cui quella sull’ex senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Considerati uomini di fiducia di Totò Riina, avrebbero fatto in più occasioni da prestanome per diverse operazioni finanziarie volute da Messina Denaro.


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