Cibo a base di insetti? Un italiano su tre è curioso di assaggiarlo. Lo studio dell’Università di Bergamo sul “novel food” che divide l’Europa

Il via libera dell’Ue all’uso della farina di grillo ha dato una spinta al settore, che ha già raccolto oltre un miliardo di euro di investimenti

Il cibo, si sa, è prima di tutto un fatto culturale. Non sorprende, dunque, che il via libera dell’Unione europea alla commercializzazione della farina di grillo – arrivato a inizio anno – abbia suscitato reazioni molto diverse fra loro: dalla curiosità al disgusto. Ma quanti sono gli italiani che sarebbero disposti ad acquistare e consumare cibi a base di insetti? A offrire una prima risposta sono i ricercatori dell’Università di Bergamo, che hanno presentato oggi i risultati dell’indagine «Insect food e consumatori». Secondo lo studio, condotto su un campione di 1.170 individui, un italiano su tre sarebbe propenso ad acquistare il cosiddetto insect food. E la maggior parte di loro lo farebbe soprattutto per un motivo: la curiosità. «Questi alimenti hanno tutte le carte in regola per contribuire non solo al benessere del consumatore, ma anche a quello del pianeta», spiega Carlotta Totaro Fila, fondatrice della start up agricola Alia Insect Farm, che insieme all’Ipiff (International Platform of Insects for Food and Feed) ha collaborato all’indagine dell’ateneo bergamasco.


Il «consumatore-tipo»

Lo studio presentato oggi dall’Università di Bergamo è il primo a profilare su larga scala le caratteristiche dei consumatori e considerare l’atteggiamento degli italiani nei confronti dell’insect food. Dall’indagine emerge che il 9% degli intervistati sarebbe «altamente propenso» a consumare cibi a base di insetto, il 21% «mediamente propenso» e il restante 70% poco o per nulla propenso. Per arrivare a un campione che potesse essere davvero rappresentativo, i ricercatori hanno diviso gli intervistati in quattro clusters: gli edonisti, giovani e più aperti all’acquisto; i progressisti, uomini o donne di mezza età e con un alto livello di istruzione; gli inconvincibili, composti soprattutto da giovani donne tra i 18 e i 25 anni; e i follower, che tendono a conformarsi alle opinioni altrui e non vogliono variare le proprie abitudini alimentari. Nel tentativo di profilare il «consumatore tipo» di insect food, lo studio dell’ateneo bergamasco è arrivato a tre conclusioni. La prima: chi ha avuto un’esperienza pregressa nel consumo di insetti – magari in vacanza all’estero – tende a essere più incline all’acquisto di insect food. La seconda riguarda il genere, con gli uomini che appaiono più inclini delle donne al consumo di cibo a base di insetti. Infine, la propensione al cambiamento, che – secondo l’indagine – è uno dei fattori che più contribuisce a includere gli insetti nella propria dieta.


Un mercato emergente

L’entrata in vigore nel 2018 della normativa europea che legittima il consumo di insetti ha dato una grossa spinta al settore dell’insect food. Secondo l’ultima stima di Bloomberg, il giro d’affari europeo del novel food è destinato a crescere dagli 82 milioni di dollari del 2018 ai 261 previsti per quest’anno. Gli investimenti nel settore hanno già superato quota un miliardo di euro e si stima che arriveranno a 3 miliardi prima del 2025. Uno scenario che potrebbe avere ricadute positive anche sul mercato del lavoro. Secondo l’Ipiff, un’organizzazione no-profit che rappresenta gli interessi del settore, il novel food raggiungerà 30mila impiegati full time entro il 2030.

Foto di copertina: EPA/DANIEL IRUNGU

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