Avere «le mani nella marmellata» non è un insulto. La Camera assolve il leghista Morelli dalla querela del sindaco di Milano Sala

L’espressione «colorita» rientra nell’ambito delle opinioni insindacabili espresse nell’esercizio della funzione parlamentare, sostiene la giunta per le autorizzazioni

Dire a qualcuno «aveva le mani nella marmellata» non è un insulto diffamatorio, ma un «termine colorito» insindacabile perché espresso da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni. Così su proposta del relatore azzurro Pietro Pittalis la giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati ha salvato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Alessandro Morelli, dalla querela per diffamazione presentata dal sindaco di Milano Giuseppe Sala quasi 4 anni fa, nell’aprile 2019. Morelli aveva attaccato Sala in un post su Facebook per la donazione di 3,1 milioni di euro da parte del governo saudita alla fondazione che gestisce il Teatro alla Scala. L’accordo iniziale prevedeva un finanziamento di tale importo per 5 anni avendo in cambio un posto nel cda del teatro della Scala. L’accordo definitivo non è stato poi trovato, e la prima donazione è stata restituita ai sauditi. Quel giorno nel suo post su FB Morelli scrisse: «Sala annunzia la restituzione dei soldi sauditi, chiedeva silenzio perché aveva le mani nella marmellata!». Il sindaco di Milano presentò querela a Morelli ritenendosi diffamato, il procedimento è andato avanti sia pure molto lentamente e la prossima udienza è fissata per il 14 luglio 2023. Ma nel frattempo è intervenuta la giunta della Camera alzando lo scudo dell’immunità di fronte a Sala. La proposta deve ancora essere votata dall’aula, che però ha la stessa maggioranza della giunta ed è presumibile che adotti la stessa decisione.


Sala per altro aveva querelato Morelli una seconda volta, perché in un video aveva dato la notizia della prima querela, citando una intervista dell’ex comandante dei vigili di Milano in cui si sosteneva che il palazzo di giustizia avesse un occhio di riguardo nei confronti del sindaco per alcuni “favorini ricevuti” che quindi sarebbero stati ricambiati. La querela è stata unificata alla prima e anche in questo caso la giunta della Camera ha alzato lo scudo della immunità per proteggere Morelli, sostenendo che si trattava di «opinioni espresse nell’esercizio della funzione parlamentare e come tali siano insindacabili ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione». Il sindaco di Milano, se l’aula dovesse confermare queste scelte della giunta, resterà a mani vuote nella sua battaglia legale nei confronti di Morelli. Ma il contenuto della sua seconda dichiarazione querelata non è sicuramente stato preso bene all’interno del palazzo di giustizia di Milano, visto che si sospettava della parzialità di quei giudici. E non è escluso che la battaglia continui, magari di fronte alla Corte Costituzionale.


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