La ragazza violentata sul treno tra Varese e Treviglio: «C’era un altro passeggero che se ne è andato, ora ha la coscienza sporca»

L’aggressore è stato ripreso dalle telecamere della stazione

La ragazza di 21 anni che ha denunciato di aver subito una violenza sessuale sul treno del passante milanese tra Varese e Treviglio racconta l’accaduto oggi al Corriere della Sera. I fatti sono avvenuti tra le fermate del metrò di Porta Garibaldi e Porta Vittoria. L’uomo che l’ha violentata lo ha descritto come un 40 enne all’apparenza di origine sudamericana. È stato ripreso dalle telecamere della stazione. «Mi è rimasto il trauma legato a “quel” posto, la metropolitana di Milano, nel tratto in cui ho subìto l’aggressione. Ed è cambiata la mia percezione del pericolo: ora so che qualcosa di brutto può accadere e travolgerti quando non te lo aspetti», dice a Rosanna Scardi.


La differenza tra Italia e Germania

E spiega anche che lei e l’aggressore non erano soli: «Insieme con noi c’era un giovane sui trent’anni. Credo che abbia visto la scena iniziale o intuito quali fossero le intenzioni dell’altro passeggero. C’è stato un attimo in cui ho incrociato il suo sguardo, ma è andato via. Ha pensato di lavarsene le mani. E ha la coscienza sporca tanto quanto il mio aggressore». La ragazza ora vive e lavora in Germania. Dove, dice, non le è mai successo niente: «In Italia invece sono frequenti le molestie o il cat calling in strada. Un episodio grave di violenza sessuale mi capitò quando avevo 14 anni. In quel caso il responsabile era un ragazzo maggiorenne, che non sono mai riuscita a denunciare. Adesso ho compiuto un grande passo denunciando perché subito dopo quella prima volta non ce l’avevo fatta». Non è andata avanti perché i professionisti di un centro antiviolenza le dissero che non aveva prove: «Quando sono andata alla polizia era passato troppo tempo. Limitare il tempo entro cui sporgere denuncia è terribile: la vittima ha bisogno prima di processare quanto subìto».


La denuncia

Per questo stavolta è andata subito alla Polfer di Treviglio: «Il pensiero che l’aggressore potrebbe fare quello che ha fatto a me ad altre donne o ragazze mi inquieta. Ed è molto probabile che lo rifaccia. Ho voluto fare il possibile per poter mettere al sicuro altre donne; è un obbligo morale». E infine vuole puntualizzare come era vestita: «La vittima può indossare anche un vestito succinto, non cambia nulla. Il rispetto per la persona vale sempre, al di là di come sia vestita, della situazione o di dove si trovi. Non è mai colpa della vittima. E non si è mai soli. In tanti capiscono e danno supporto: l’opzione migliore è denunciare». L’identikit del suo aggressore è nelle mani della polizia: «Le forze dell’ordine mi contatteranno se lo troveranno. Io spero che ci sia un processo».

Leggi anche: