Maxi multa anti imbrattamento per bloccare gli eco-attivisti. La proposta nel Cdm di oggi

La sanzione arriverà fino a 60mila euro. Salvini esulta sui social. Le opposizioni criticano la maggioranza: «Non investe un euro in cultura, ma pensa bene di inventare ogni giorno nuovi reati a costo zero»

Le proposte di legge di iniziativa parlamentare per inserire nel codice una fattispecie cucita sugli attivisti climatici che imbrattano monumenti e opere d’arte potrebbero decadere. Il governo, infatti, decide di agire motu proprio e portare nel Consiglio dei ministri di oggi, 11 aprile, un disegno di legge per punire i cosiddetti eco-vandali. Nella bozza, si legge: «Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 20 mila a euro 60 mila». Non solo: il testo prevede anche che «chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina i beni culturali a un uso pregiudizievole per la loro conservazione o integrità ovvero ad un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 10 mila a euro 40 mila». La bozza del ddl, poi, specifica che i proventi delle sanzioni siano devoluti al ministero della Cultura per il ripristino dei beni, «a prescindere dall’appartenenza pubblica o privata dei medesimi».


Il provvedimento precisa anche le modalità di notifica della sanzione ed eventuali sconti per i rei che pagano entro 30 giorni la multa: il verbale deve essere notificato «entro 120 giorni dal giorno in cui il fatto è commesso», mentre la riduzione si può ottenere solo una volta ogni cinque anni. Le misure, una volta introdotte, non avranno valore retroattivo, venendo applicata sui contenuti del provvedimento la legge di depenalizzazione del 1981. Ultimo elemento da tenere in considerazione: suddette multe si aggiungono alle pene già previste dal codice per i reati di danneggiamento, ovvero la reclusione da sei mesi a tre anni, e l’interruzione di pubblico servizio. È la bozza stessa a specificarlo: «L’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa tengono conto, al momento dell’irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già irrogate e che l’esazione della pena pecuniaria ovvero della sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte eccedente quella riscossa, rispettivamente, dall’autorità amministrativa ovvero da quella giudiziaria».


Il vicepremier Matteo Salvini esulta sui social per lo slancio del governo contro il cosiddetto eco-vandalismo: «Super multe per vandali e imbrattatori». Mentre le opposizioni insorgono: «L’invenzione di nuovi reati è il rifugio degli incapaci», twitta la senatrice Cecilia D’Elia, del Partito democratico. Sulla stessa linea Irene Manzi, responsabile scuola del Nazareno e capogruppo Dem in commissione Cultura alla Camera: «Questa maggioranza che non investe un euro in cultura, pensa bene di inventare ogni giorno nuovi reati a costo zero. Oggi è il turno di punire gli eco-vandali. Non giustifico in alcun modo le azioni di chi danneggia o imbratta i beni culturali, ma vorrei ricordare che già esiste un articolo del codice penale che punisce chi danneggia i beni culturali e nella scorsa legislatura sono state previste ulteriori misure in materia di reati contro il patrimonio culturale. Ancora una volta un provvedimento bandiera sulla base dei fatti di cronaca quotidiana. Propaganda per coprire l’assenza di misure a sostegno del Paese, delle famiglie e dei lavoratori. La nuova strategia di maggioranza e governo? Il reato à la carte».

Sangiuliano: «Chi vandalizza si assuma la responsabilità»

A margine del Consiglio dei ministri che ha approvato il ddl sulle sanzioni agli ecovandali, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha difeso la misura da lui proposta. «Gli attacchi ai monumenti e ai siti artistici producono danni economici alla collettività. Per ripulire occorrono l’intervento di personale altamente specializzato e l’utilizzo di macchinari molto costosi. Chi compie questi atti deve assumersi la responsabilità anche patrimoniale», dichiara il ministro, «secondo la Soprintendenza Speciale di Roma, il ripristino della facciata del Senato è costato 40mila euro. A seconda della gravità della fattispecie, si va da un minimo di 10mila a un massimo di 60mila euro. Tali somme si aggiungono a quelle cui verranno eventualmente condannati a pagare i trasgressori in sede penale o civile. Si tratta, infatti, di sanzioni amministrative immediatamente irrogabili dal prefetto del luogo dove il fatto è commesso, sulla base delle denunce dei pubblici ufficiali».

Un reato che esiste già

Le senatrici Vincenza Rando e Simona Malpezzi ricordano che «una legge c’è già» per punire che imbratta e deturpa i beni culturali. «Davanti alle vere emergenze del Paese, la maggioranza si preoccupa dei “pericolosi” eco-vandali e presenta nuove misure per punire gli attivisti per il clima. Ancora una volta, forti con i deboli e deboli con i forti. Dimenticano però che una legge c’è già. È nel codice penale dal 2022 ed è severissima: punisce chi “distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beniculturali o paesaggistici” con la galera da due a cinque anni», scrive Rando in una nota. Malpezzi: «A inizio 2022 è entrato in vigore il ddl Franceschini-Orlando che ha introdotto nuove fattispecie di reato contro il patrimonio culturale. Ma questa destra che ha grandi difficolta’ a governare deve inventarsi ogni giorno un’altra sanzione o reato anche quando non servirebbe, come per i rave. Nel giorno in cui il Def arriva in Consiglio dei ministri, assistiamo all’ennesima boutade. Il Paese ha bisogno di essere governato e non di una maggioranza che getta fumo negli occhi dell’opinione pubblica». Anche Angelo Bonelli di Alleanza verdi e sinistra sottolinea l’esistenza nel codice penale dell’articolo 733, «ma il governo è forcaiolo e lo dimentica».

Anche il Movimento 5 stelle, con una nota firmata dai suoi esponenti nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato – Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato – criticano il provvedimento: «Prosegue la politica della distrazione di massa con cui il governo Meloni prova a coprire l’evidente incapacità di affrontare i dossier più importanti, basti pensare al Pnrr e al caro vita. Oggi è il turno dell’intervento per contrastare gli atti vandalici contro le opere d’arte. Le leggi e le sanzioni esistono già. L’intervento del governo Meloni è superfluo ma in fondo coerente con la sua assurda linea di contrasto alla transizione ecologica. È chiaro infatti che qualsiasi forma di vandalismo vada condannata e sanzionata, ma da parte della politica sarebbe un errore imperdonabile non dare ascolto a chi, pur con gesti sbagliati, chiede serietà e impegno concreto nella lotta al cambiamento climatico e nella difesa dell’ambiente. Siamo di fronte al solito schema Meloni: guanto di velluto per i colletti bianchi e pugno di ferro contro condotte ben più marginali. Questo è il governo che da un lato vara norme salva evasori, partendo dalla legge di Bilancio per arrivare fino all’ultimo decreto Bollette, e restituisce i benefici penitenziari a corrotti e corruttori anche se non collaborano con la giustizia, e dall’altro intasa il codice penale con il reato per i rave party e con questo nuovo intervento del tutto superfluo. Fa sorridere che a mettere la firma su questi provvedimenti ci sia il ministro Nordio che ha a lungo discettato della piaga del “panpenalismo”».

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