L’Intelligenza artificiale? Gli italiani temono di perdere il posto di lavoro, ma c’è chi vuole delegare decisioni – Il sondaggio

La ricerca, curata da YouTrend, sarà presentata nell’ambito del Convegno “Intelligenza artificiale. E noi? Sfide, opportunità, responsabilità” organizzato dalla Fondazione Pensiero Solido a Milano

«Dobbiamo uscire dall’emotività e e arrivare a una consapevolezza diffusa». Così il presidente della Fondazione Pensiero Solido, Antonio Palmeri, commenta i risultati dell’indagine commissionata a YouTrend sulla percezione che gli italiani hanno dell’intelligenza artificiale. Mentre entra in sempre più ambiti della vita quotidiana, con i modelli di linguaggio come ChatGPT ormai sulla bocca di tutti e grandi aziende come Google che la integrano nei propri prodotti, la maggioranza (54%) della popolazione si dice impreparata sul tema. Ciononostante, una percentuale ancor maggiore (59%) ritiene, d’accordo con gli esperti e gli esponenti del settore, che questo tipo di tecnologia vada regolamentato al più presto arrivando a sostenere che se fosse il caso ne andrebbe persino vietato l’uso.


Lavoro e AI

Perché? La maggior preoccupazione è quella che riguarda la possibile perdita di posti di lavoro, secondo Goldman Sachs potrebbero essere fino a 300 milioni le posizioni rese obsolete. Tra gli italiani, è il 51% degli intervistati a credere che i posti di lavoro diminuiranno. Ma non manca un 10% che prevede un aumento, e un 26% che non vede all’orizzonte differenze sostanziali. Ad ogni modo, il controllo e la
valutazione automatica vengono percepiti più come un vantaggio (47%) che come uno svantaggio (30%), con i giovani e i laureati che tendono a propendere per la prima opzione. Ma a molti (55%) darebbe fastidio ricevere istruzioni dall’AI, anche se a un 37% farebbe piacere.


Le professioni più a rischio

Come con la maggior parte delle innovazioni tecnologiche, ad essere percepiti più a rischio sono le figure che fanno lavori che comportano operazioni meccaniche e ripetitive, quindi operai, commessi, impiegati. D’altro canto, quelli che sembrano più difficili da intaccare per l’AI sono l’artista, l’imprenditore e il medico. Ambiti dove l’Intelligenza artificiale ha mostrato grandi potenzialità, con i quadri generati da software come Midjourney che difficilmente si distinguono da quelli dipinti da artisti umani e guru della finanza che usano ChatGPT per mettere in piedi attività commerciali.

La regolamentazione

Ormai è chiaro che i rischi che l’intelligenza artificiale venga usata nel modo sbagliato ci sono. Regolamentare e creare conoscenza sull’argomento sono le vie che gli esperti indicano per trarre il meglio dall’AI, limitando gli effetti avversi. A questo coro si somma Palmieri: «Serve da parte di programmatori e imprese una “responsabilità sociale aumentata”, per evitare che l’AI diventi un nuovo strumento di diseguaglianza. L’intelligenza artificiale generativa e conversazionale non è una moda del momento. Sta a tutti noi che viviamo nelle democrazie occidentali fare in modo che essa sia al nostro servizio e non diventi un nuovo strumento di prevaricazione». Di questi temi si discuterà domani al Convegno organizzato dalla Fondazione Pensiero Solido alla Cariplo Factory-BASE di Milano: un pomeriggio di studio dal titolo Intelligenza artificiale. E noi? Sfide, opportunità, responsabilità.

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