Quando si parla di prevenire la violenza sulle donne «si commette spesso l’errore di pensare a come aiutarle a difendersi. Ribaltiamo il messaggio: facciamo capire agli uomini che non devono aggredire e insultare le donne, che devono rispettare la loro autonomia, la bellezza della loro diversità e accettare la possibilità che i legami vengano interrotti anche in modo unilaterale». In un’intervista al Corriere della Sera Fabio Roia, presidente vicario del Tribunale di Milano dice che per questi atti manca la condanna sociale. Per questo poi emergono casi come quello del femminicidio di Giulia Tramontano. «Nel nostro contesto culturale è ancora incrostata l’idea che la donna sia qualcosa di mia proprietà di cui posso disfarmi», spiega a Elisa Messina.
Lo squilibrio di potere
Secondo il giudice «lo squilibrio di potere nei rapporti tra i sessi è ancora forte. Un cambiamento c’è ma è lento, non c’è stata ancora una svolta. Perché i messaggi che arrivano dalla società sono contrastanti». Per esempio la comunicazione «non è sempre corretta quando si parla di femminicidi anche nella scelta delle parole: si tende ancora a voler trovare una giustificazione, un’attenuante al gesto dell’uomo. E poi, manca ancora una vera condanna sociale della violenza: quella che si costruisce nella quotidianità». Per esempio, «e parlo ai miei ‘colleghi di genere’ maschi, reagendo alle battute sessiste o a tutte le situazioni in cui la donna è oggettivizzata».
Le leggi che servono
La fascia di età di chi commette questi reati «va dai 18 ai 35 anni. Quindi anche ai giovani viene trasmesso il messaggio del predominio maschile sulla donna». Il primo consiglio che Roia dà alle donne è «rivolgersi a un centro anti-violenza dove figure competenti, avvocate e psicologhe, sono pronte ad ascoltare: focalizzare il problema, riconoscere la violenza è il primo passo». Anche perché «le donne che ne sono vittima spesso non la vedono, anzi la sminuiscono perché sono manipolate psicologicamente da un partner o un ex maltrattante. Addirittura se ne addossano la colpa. La denuncia è, se necessaria, un passo successivo». Infine, leggi come il Codice Rosso «hanno semplificato le procedure e accorciato i tempi di reazione da parte della magistratura». E i dati ci dicono «che sono in calo i femminicidi di donne che avevano sporto denuncia in precedenza».
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