L’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger arrivò a definirlo «l’uomo più pericoloso d’America». Oggi Daniel Ellsberg, l’economista e analista militare all’origine della clamorosa fuga di notizie passata alla storia come Pentagon Papers, è morto all’età di 92 anni. A darne la notizia, confermata dai media americani, sono stati sua moglie e i suoi figli. Lo scorso marzo, Ellsberg aveva inviato una mail ad amici e sostenitori in cui rivelava di soffrire di cancro al pancreas e di avere ancora pochi mesi di vita rimasti. Dopo la laurea ad Harvard, Ellsberg divenne uno dei cosiddetti «geniacci del Pentagono», un gruppo di brillanti giovani reclutati dal segretario della Difesa Robert McNamara negli anni Sessanta. Nel 1969, mentre lavorava per il think tank Rand Corporation, iniziò a diventare sempre più critico nei confronti del coinvolgimento militare degli Stati Uniti in Vietnam.
La consegna dei documenti top secret ai giornali
Quello stesso anno, Ellsberg cominciò a fotocopiare un dossier top secret di 7mila pagine che rivelava le strategie del governo americano, fin dai tempi di JFK. Nel 1971, contattò Neil Sheehan, un giornalista del New York Times che aveva conosciuto proprio in Vietnam. Dopo un lavoro di analisi durato settimane, esplose la clamorosa fuga di notizia che prese il nome di Pentagon Papers. Una volta resi pubblici, quei documenti provarono per la prima volta che diversi presidenti avevano mentito ai cittadini americani e avevano nascosto ciò che stava accadendo davvero in Vietnam. L’altro grande giornale coinvolto nella fuga di notizie fu il Washington Post, la cui editrice Katherine Graham rimase indecisa fino all’ultimo sul da farsi. La decisione di pubblicare i documenti, con il rischio di possibili conseguenze legali, permise non solo di risollevare economicamente il giornale ma passò alla storia come una delle decisioni più coraggiose mai prese nel giornalismo americano. Una storia raccontata anche in The Post, il film del 2017 diretto da Steven Spielberg.
L’attivismo per la pace
Negli ultimi decenni, Ellsberg si è fatto notare soprattutto per il suo impegno pubblico a favore della pace. Un impegno che gli ha permesso di collezionare diversi premi, tra cui l’Olof Palme Prize del 2018 per il «profondo umanesimo e l’eccezionale coraggio morale». Ellsberg è stato una delle voci più critiche nei confronti dell’intervento militare americano in Iraq e in generale della politica estera di George W Bush. Più recentemente, Ellsberg si è opposto anche al sostegno militare fornito dagli Stati Uniti all’Ucraina, dichiarando che «una guerra fallita è redditizia tanto quanto una vincente».
Credits foto: EPA/Arno Burgi | Daniel Ellsberg riceve il Premio Desda per la pace (21 febbraio 2016)
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