Secondo chi conosce bene gli youtuber coinvolti nell'incidente in cui ha perso la vita il piccolo Manuel Proietti, i video delle challenge erano montati ad arte per far credere di aver guidato per oltre due giorni
Le sfide sui social dei TheBorderline di ore e ore passate alla guida di macchine potentissime non sarebbero mai state vere. Ne sono sicuri gli amici che dicono di conoscere bene il gruppo di youtuber guidato da Matteo Di Pietro, il 20enne indagato per omicidio stradale dopo l’incidente a Casal Palocco in cui ha perso la vita il piccolo Manuel Proietti di cinque anni. Secondo Il Messaggero che ha sentito alcuni ragazzi vicini ai quattro youtuber, i contenuti del loro canale sarebbero artefatti per fare incetta di like e visulizzazione: «Le challenge del gruppo TheBordeline sono finte», dicono gli amici. E mentre le indagini passano di mano dalla polizia locale di Roma Capitale ai carabinieri, gli inquirenti continuano a setacciare computer e cellulari alla ricerca di nuovi filmati che chiariscano se i quattro hanno realizzato video mentre sfrecciavano con il Suv Lamborghini Ursus affittato il giorno prima. Gli amici sono certi che anche per quell’ultima sfida, tutto era stato costruito in modo da far sembrare vero che il gruppo stesse guidando da tantissimo tempo: «Non c’è nulla di vero – dicono a Il Messaggero – ma quali 50 ore a bordo di un’auto, è tutto finto per tirar su contatti, visualizzazioni, like». Come funzionava quindi il meccanismo di finzione dei TheBordeline? Secondo chi li conosce bene, gli youtuber «giravano video da caricare a intervalli regolari», così da convincere chi li guardava che stessero guidando da oltre due giorni. Un trucco usato in diverse sfide pubblicate sul loro canale. Ora i cellulari dei cinque ragazzi sono stati sequestrati, compreso quello della ragazza 20enne che doveva essere accompagnata a casa a 500 metri da dove si è consumata la tragedia. L’obiettivo degli inquirenti è capire se stessero girando video mentre guidavano, abbassando così inevitabilmente l’attenzione di Di Pietro che era alla guida. Attesi poi gli esiti degli esami sui due veicoli, che dovrebbero indicare a quale velocità andavano il Suv Lamborghini guidato da Di Pietro e la Smart di Elena Uccello, la mamma del piccolo Manuel.
Si sostiene che l’Oms e l’Unione europea renderanno «perenne e globale» il Green Pass utilizzato durante la pandemia. Secondo alcuni personaggi, come ad esempio la giornalista Raffaela Regoli nota per il programma Mediaset Fuori dal Coro, ciò andrebbe contro la «durata» del certificato verde concesso ai vaccinati anti Covid-19 «fino al febbraio 2024», fornendo un assist a coloro che avanzavano accusati di complottismo. La realtà è un’altra.
Per chi ha fretta
L’Oms non sta approvando un Green pass come quello che abbiamo conosciuto durante la pandemia Covid-19.
L’obiettivo è quello di creare un sistema di comunicazione simile a quello usato per il Green pass europeo per un libretto sanitario elettronico che permetterà la circolazione dei dati sanitari attraverso uno standard comune a livello globale.
Vaccinarsi prima di viaggiare? Esiste già da anni un documento multilingue sulle vaccinazioni riconosciuto a livello internazionale, noto come “Carta gialla”.
Il fatto che le autorità vogliano prepararsi a future pandemie non significa che siano programmate.
Analisi
Il video è stato ripreso anche da canali Telegram dal sito IlParagone. Ecco uno dei post Facebook dove viene condiviso l’intervento della giornalista Regoli, pubblicato da un utente che nella foto profilo riporta il logo della setta complottista “ViVi”:
Attraverso un video, Matteo Gracis sostiene che il cosiddetto “Green Pass globale” sia «Una merda da boicottare!» senza spiegare di cosa si tratta.
L’obiettivo dell’Oms
Nel corso della pandemia Covid-19 vennero riscontrate diverse difficoltà nella verifica bilaterale della provenienza dei documenti sanitari ai fini della prevenzione e delle cure. Lo scorso 5 giugno, la commissaria alla Salute dell’Ue Stella Kyriakides e il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus hanno firmato, nella sede dell’organizzazione a Ginevra, un accordo e una lettera d’intenti con l’obiettivo di adottare lo stesso sistema di comunicazione usato in Europa per la certificazione verde durante il periodo Covid, in modo da poter «facilitare la mobilità globale e per proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future, comprese le pandemie», rientrando nell’iniziativa PRET (Preparedness and Resilience for Emerging Threats). Come riportato dal sito dell’Oms, si tratta del primo elemento costitutivo della rete globale di certificazione della salute digitale (GDHCN) basata su una piattaforma open source, quindi di libero accesso a tutti per verificarne il funzionamento in maniera trasparente e a garanzia della tutela della Privacy.
Non si tratta di un “Green pass”
Quello a cui fa riferimento l’Oms è una sorta di libretto sanitario elettronico che permetterà la circolazione dei dati sanitari attraverso uno standard comune a livello globale. L’obiettivo del GDHCN è quello di supportare i cittadini e le istituzioni per «la digitalizzazione del certificato internazionale di vaccinazione o profilassi, la verifica delle prescrizioni oltre frontiera, l’International Patient Summary, la verifica dei certificati di vaccinazione all’interno e transfrontaliero e la certificazione dei professionisti della sanità pubblica».
La “Carta gialla”
Per quanto riguarda i vaccini, esiste già da anni un documento riconosciuto a livello internazionale noto come “Carta gialla” associato alla Febbre gialla. Parliamo del “certificato internazionale di vaccinazione o profilassi“, un documento multilingue rilasciato da anni dalle autorità nazionali, inclusa quella italiana dove nel foglio illustrativo fornito dal Ministero della Salute leggiamo quanto segue:
Il certificato internazionale di vaccinazione o profilassi è valido soltanto se il vaccino o la profilassi usata sono stati approvati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e, nel caso della vaccinazione contro la febbre gialla, se il centro di vaccinazione è stato autorizzato dalla autorità sanitaria del Paese di appartenenza. Nel caso della Febbre gialla, a seguito dell’entrata in vigore della risoluzione n. 13 della 67a Assemblea Mondiale della Sanità (WHA 67.13), la validità del certificato dura per tutta la vita, a partire dal decimo giorno dalla data di vaccinazione; nel caso di altre vaccinazioni o profilassi la durata di validità, ovvero la data del successivo richiamo, debbono essere specificamente indicati. Questo certificato deve essere firmato personalmente dal medico addetto o da altro personale autorizzato dalla autorità sanitaria nazionale. Oltre alla firma, deve riportare il timbro ufficiale della struttura autorizzata alla somministrazione del vaccino contro la febbre gialla; in ogni caso il timbro ufficiale non può essere accettato in sostituzione della firma. Non sono accettate altre dichiarazioni in sostituzione di questo stampato. Qualsiasi correzione o cancellatura sul certificato o l’omissione completa di una parte di esso possono invalidare il suo effetto.
Questo certificato sostituisce, dal 2007, il precedente “Certificato di vaccinazione o rivaccinazione contro la febbre gialla“. C’è da dire che da decenni sono previste delle “vaccinazioni per i viaggiatori“, alcune raccomandate e altre obbligatorie nei Paesi di destinazione. Per la febbre gialla, ad esempio, l’obbligo vige in Angola, Benin, Burkina Faso, Burundi, Camerun e altri Paesi ancora del continente africano. Per l’anti-meningococco la vaccinazione è obbligatoria per coloro che si recano in pellegrinaggio a La Mecca.
La teoria delle pandemie “programmate”
L’intervento della giornalista Regoli alimenta la credenza della teoria delle pandemie “programmate”. Una cosa che Bill Gates, notoriamente interessato a questi temi, già paventava nel 2015. Nella storia si sono susseguite diverse pandemie, e mentre il mondo diventa sempre più veloce e interconnesso il rischio che un patogeno circoli con più facilità aumenta di conseguenza. Non c’è motivo di credere che non si possano verificare altre pandemie e gli esperti avvisano che la prossima potrebbe essere ancor più pericolosa del Covid. Il fatto che l’Oms e gli esperti ne parlino non indica che sia in programma, ma che soprattutto a seguito di quanto accaduto bisognerà essere preparati per affrontarle in maniera coordinata ed efficace.
Conclusioni
Non si parla affatto di un “Green pass universale”. Al di là del fatto che esistano da anni certificati vaccinali riconosciuti a livello globale per poter viaggiare nei Paesi a rischio, come ad esempio la “Carta gialla”, l’obiettivo dell’Oms è quello di fornire un sistema semplice e trasparente che agisca come standard per la consultazione di un libretto sanitario digitale per i cittadini, garantendo la loro Privacy. Ciò permetterà, ad esempio, che un operatore sanitario possa conoscere le informazioni sanitarie di un paziente proveniente dall’estero.
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