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Via la prof assente 20 anni su 24, il disastro tra lezioni sconclusionate, chat e voti a caso: «Inettitudine permanente e assoluta»

25 Giugno 2023 - 14:31 Redazione
La Cassazione ha giudicato legittima la sua destituzione da parte del Miur: «Libertà di insegnamento non significa assenza di metodo e organizzazione»

«Inettitudine permanente e assoluta». Questo il giudizio definitivo della Cassazione sul caso di una professoressa di storia e filosofia di una scuola superiore a Chioggia (Venezia) che è stata assente per un totale di 20 anni su 24 complessivi di servizio. La docente aveva fatto ricorso contro il ministero, ma gli ermellini hanno confermato che la sua destituzione dall’attività di insegnamento è legittima. Il suo licenziamento non sarebbe causato solo dal lungo periodo di assenza, ma anche dalle sue modalità di fare lezione, definite dal ministero «incompatibili con l’insegnamento». L’inizio della storia risale al marzo 2013, quando il Miur invia tre ispettrici per osservare e valutare i metodi impiegati in classe dalla professoressa. Il giudizio è lapidario: «Assenza di criteri sostenibili nell’attribuire voti, non chiarezza e confusione nelle spiegazioni, improvvisazione, lettura pedissequa del libro di testo preso in prestito dall’alunno, assenza di filo logico nella sequenza delle lezioni, attribuzione di voti in modo estemporaneo ed umorale, pessima modalità di organizzazione e predisposizione delle verifiche». Dopo l’ispezione ministeriale la donna viene destituita dal suo incarico, ma prova a far valere le proprie ragioni per via giudiziaria.

Nel 2018, la sentenza del tribunale di primo grado, che dà ragione alla donna e dichiara illegittimo il provvedimento di destituzione. Nel 2021, la Corte d’appello di Venezia ribalta il verdetto. Infine, proprio in questi giorni, il parere decisivo della Cassazione, che conferma la legittimità del suo licenziamento. Per tutto l’iter giudiziario la donna ha rivendicato il concetto di «libertà di insegnamento». Una strategia che sembra non aver convinto i giudici della Cassazione: «La liberà di insegnamento in ambito scolastico – scrivono gli «ermellini» – è intesa come autonomia didattica diretta e funzionale a una piena formazione della personalità degli alunni, titolari di un vero e proprio diritto allo studio». In altre parole, aggiungono i giudici, libertà di insegnamento «non significa che l’insegnante possa non attuare alcun metodo o che possa non organizzare e non strutturare le lezioni».

Pare che alla donna siano state assegnate annualmente le cattedre nella scuola di Chioggia in quanto moglie di un ufficiale della Guardia di Finanza che lavora nella zona. I tre giorni di ispezione del Miur, sollecitati dal dirigente d’istituto, avrebbero accertato una serie di problemi: «scarsa cura delle lezioni», «uso continuo del cellulare» durante le lezioni e una scarsa attenzione «verso gli alunni durante le loro interrogazioni». Dal rapporto del ministero emerge inoltre che la docente «non aveva con sé il libro di testo» delle materie che insegnava. Di conseguenza, spesso «lo prendeva in prestito temporaneo dagli alunni».

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