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«PornHub profila l’orientamento sessuale degli utenti»: il sito nei guai con il Garante della Privacy

01 Luglio 2023 - 23:55 Antonio Di Noto
La piattaforma sarebbe in grado di salvare l'Id di ogni video guardato dai dispositivi

Quasi 8 minuti. È il tempo medio passato sul sito dagli utenti che visitano PornHub. Un’eternità in un’era in cui internet diventa sempre più veloce, e – soprattutto – per una piattaforma che fa un uso dei dati piuttosto opaco, tanto da essere probabilmente in contrasto con le norme europee di protezione dei dati (Gdpr) e la ePrivacy Directive, la normativa europea che regolamenta l’utilizzo dei cookie sui siti web. Questo è quello sostengono gli attivisti, le attiviste, i cercatori e le ricercatrici che aderiscono alla campagna StopDataPorn, che poche decine di ore fa hanno presentato il primo reclamo al Garante della Privacy italiano contro il gigante della pornografia. Un sito da 2 miliardi di visite al mese, che raccoglie una montagna di dati sui propri utenti in una maniera, denunciano, illecita.

Il primo nodo a venire al pettine, una volta entrati sul sito, è quello dei cookie. Pornhub – continua il reclamo sostenuto dalle prove raccolte grazie all’estensione PornHub Tracking Exposed – non dà la possibilità di negare il consenso all’inserimento dei cookie nel dispositivo da cui si naviga. Il banner risulta a malapena visibile e l’unica opzione disponibile è il tasto “Ok”. Di utilità ridotta, dato che i cookie vengono usati a prescindere. In questo modo la piattaforma, che tiene traccia delle caratteristiche dei video guardati, salvando l’Id di ciascuno di essi direttamente sul dispositivo del visitatore, riesce a profilare gli utenti secondo il loro orientamento sessuale per poi raccomandare i video. Altra pratica che, se confermata, violerebbe il Gdpr – nello specifico l’articolo 9 – visto che sarebbe orientata al profitto, e soprattutto, non consensuale. Dopo la raccolta, c’è la diffusione, dato che PornHub condividerebbe alcuni dei dati aggregati con altre 170 realtà controllate da Mind Geek, la holding a cui fa capo il gigante della pornografia.

Lo stigma sul porno

Tutte questioni che faticano ad emergere «perché con il problema del tabù culturale sull’industria del porno queste piattaforme operano in completa ombra, nella nebbia, e nessuno va a toccare questo settore, anche se muove miliardi, per non parlare dell’impatto culturale che ha sulle persone», spiega Alessandro Polidoro a Wired. Dopo lo scandalo che ha travolto il sito pornografico riguardo la diffusione di video con minori, girati in modo non consensuale, Mind Geek sembra avere un’altra gatta da pelare. Nel frattempo, la società fa sapere che «risponderà di queste accuse attraverso il processo appropriato secondo i tempi stabiliti» e sottolinea che è loro prassi «non commentare il contenzioso in corso».

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