Santanchè in Aula al Senato: «Schifosa campagna di odio contro di me, assurdo se giornalisti sanno cose sulle indagini che io non so» – Il video

La ministra smentisce di essere indagata, come sostiene il Domani: «O mentono o, ipotesi peggiore, hanno avuto informazioni negate ai miei legali»

Non è stato un avvicinamento facile, quello di Daniela Santanchè, all’informativa urgente che si tiene oggi, 5 luglio, alle ore 15, nell’Aula di Palazzo Madama. La ministra del Turismo ed esponente di Fratelli d’Italia, questa mattina, si è svegliata leggendo sui giornali la notizia che il suo nome comparirebbe nel registro degli indagati. Lei, in precedenza, aveva negato di essere indagata, ma secondo il quotidiano Domani, «la ministra del Turismo è indagata da tempo nell’inchiesta per bancarotta condotta dalla procura di Milano sulle società della galassia Visibilia». Non è da escludere che l’iscrizione della Pitonessa sia stata secretata dai magistrati che si occupano di reati societari: è possibile, il codice di procedura penale lo consente nel caso in cui «sussistano specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine». I giudici che stanno seguendo la presunta mala gestio dei due rami imprenditoriali appartenuti o gestiti dalla ministra, Ki Group e Visibilia, continueranno a indagare: le ipotesi di reato sono bancarotta e falso in bilancio, ma si potrebbe profilare anche la fattispecie di truffa ai danni dello Stato se, come è stato raccontato da Report, una dipendente messa in cassa integrazione a zero ore avesse continuato a offrire le sue prestazioni lavorative. Oggi però, davanti ai Senatori, la questione è squisitamente politica e non giudiziaria.


L’attacco a Domani

Così, la ministra del governo Meloni inizia la sua difesa: «Spero vorrete darmi atto che ho subito dato la mia disponibilità a riferire in Senato. Una campagna di vero e proprio odio nei miei confronti. Stamattina è accaduto qualcosa che va veramente oltre la mia vicenda e dovrebbe allarmare tutti voi. Affermo sul mio onore di non essere stata raggiunta da alcun avviso di garanzia. Ho anche estratto il certificato dei carichi pendenti in cui risulta che non ci sono annotazioni per qualsivoglia procedimento nei miei confronti. Ma stamattina il Domani afferma con dovizia di particolari che sono indagata, seppure segretamente. Delle due l’una: o questo giornale mente sapendo di mentire e sceglie il giorno del mio intervento in Aula per fare un’imboscata, oppure Domani ha avuto notizie che io, sottolineo, non ho e che nessuno potrebbe lecitamente avere. Chiedo al Senato un’azione comune contro queste sporche e schifose pratiche. Domani vuole alzare l’asticella quando stanno per cadere le accuse dei giorni precedenti. Vi chiedo di reagire a questa pratica che oggi tocca a me e domani potrebbe colpire qualsiasi cittadino. Esporrò comunque le informazioni che mi avete richiesto, dopo aver precisato che se mai avessi ricevuto un avviso di garanzia ve l’avrei detto, perché per me non sarebbe cambiato nulla».


Ad ascoltarla, in tribuna, c’è anche suo figlio, Lorenzo. Nell’informativa preparata insieme ai suoi legali, Santanché aggiunge: «Chiedo io delle risposte, più che darvele, dopo aver letto l’articolo del Domani. È normale che un ministro della Repubblica legga su un giornale che sarebbe indagato? È un Paese normale quello in cui un giornalista può scrivere che conosce cose secretate e ignote all’interessato e ai suoi avvocati? Forse Domani avrà venduto qualche copia in più, ma se non fosse per il rispetto che io porto per quest’Aula, chiuderei qua il mio intervento dopo l’uscita dell’articolo. Chiarisco di non essere qui per rispondere a trasmissioni televisive o articolo scandalistici, ma per bloccare la strumentalizzazione politica che si sta facendo contro di me. Voglio difendere il mio onore e quello di mio figlio, anche lui trascinato in questa polemica. Ho rispetto estremo per il Parlamento e per i cittadini, ma ci tengo a precisare che risponderò vestendo i panni dell’imprenditore, perché è in tale veste che sono stata presa di mira per indebolire il governo».

E inizia il discorso da imprenditore: «Faccio impresa da quando ho 25 anni. Sono partita senza capitali di famiglia, contando solo su me stessa. In questi anni ho raccolto vari successi. Negli anni ’90 ho fondato Visibilia, che si è affermata nel mondo dell’editoria. Anche qui, ho avuto vari successi. Sicuramente chi fa può sbagliare: sono entrata nel settore appena prima che iniziasse la crisi mondiale della carta stampata. Il declino dell’editoria ha colpito anche l’attività della raccolta pubblicitaria. Poi è arrivato il Covid, l’aumento del costo della carta. Chi fa impresa, può capire quello di cui sta parlando. Anche le mie imprese hanno subito le conseguenze di queste crisi. Da tempo stavo lavorando con tutte le mie forze e stavo mettendo in gioco il mio intero patrimonio personale. Non mi sono mai nascosta. Ma non ho mai abusato delle mie posizioni apicali nelle aziende, non mi sono mai appropriata di qualcosa che non fosse mio. Gli scandali sono il maldestro tentativo di impedire la ristrutturazione in corso nelle mie aziende, facendo ricorso agli strumenti messi in atto dai governi».

La vicenda Ki Group

«Essere un imprenditore e anche un politico non può voler dire che possa essere inibito il ricorso alle leggi vigenti per tutti. Nessun favoritismo, ma nemmeno un’indebita penalizzazione ad personam. Non basta che io possa essere percepita come un simbolo di ciò che non piace alla sinistra e a qualche giornale, ma ciò non può consentire di privarmi di diritti». Poi, passa all’attacco della fonte di Report. «Non è un piccolo risparmiatore chi mi accusa. È una sorta di finanziere che è partito da Torre del Greco, si è trasferito a Londra, poi in Svizzera, successivamente a Montecarlo e ora risiede alla Bahamas. Fa riferimento a inverosimili e oscure mie manovre solo dopo aver inutilmente tentato di costringermi ad accordi per me inaccettabili. Ma questo è un tema a parte su cui purtroppo non posso aggiungere altro perché sarà oggetto di apposita inchiesta giudiziaria».

«Non ho mai avuto il controllo nelle imprese del settore alimentare biologico. La mia partecipazione in Ki Group srl non ha mai superato il 5% della mia partecipazione. Nel 2010, il salvataggio di questo gruppo non è stato fatto o pensato da me, ma dal padre di mio figlio, con cui già all’epoca non avevo più alcuna relazione affettiva. Quello che è più importante è che io non ho avuto alcun ruolo né nella fortuna né nella distruzione di Ki Group. Non voglio, tuttavia, rispondere delle scelte imprenditoriali del padre di mio figlio. Con riferimento ai compensi milionari che mi sono stati attribuiti, vorrei precisare che da Ki Group nel ’19 ’20 ’21 ho incassato una media di 9 mila euro all’anno. Dal 2016 al 2018 ho percepito un valore lordo annuo di 100 mila euro, in maniera decrescente negli ultimi anni. Per quanto riguarda gli stipendi e i tfr di Ki Group ancora da corrispondere ai dipendenti, posso comunicare che tutti i lavoratori verrano soddisfatti: è scritto nell’accordo di concordato».

Il caso Visibilia

«Quanto al mio gruppo, che orgogliosamente ho fondato e di cui mi assumo la responsabilità, preciso che per 30 anni nessuno mi ha accusato di alcunché, ad oggi rimango solo azionista, e so che i miei collaboratori sapranno portarlo avanti al meglio». Così esordisce Santanché sul secondo filone dell’inchiesta giornalistica, quello che riguarda la società Visibilia. «Dentro Visibilia spa c’era una dipendente part time. Sono stata accusata di aver usato le prestazioni della dipendente che invece era in cassa integrazione a zero ore. Di fronte alla contestazione tardiva della dipendente pur ritenendo le sue informazioni infondate ed essendo certa che lei non ha mai messo piede in Visibila, la società ha sanato la situazione considerandola in servizio senza che fosse pervenuta alcuna richiesta dagli enti preposti e prima della vicenda mediatica. Nessun altro dipendente ha sollevato questioni sulla cassa integrazione. Report pensava di avere una notizia bomba, invece era una non notizia».

Santanchè riprende la questione del suo ex socio che avrebbe dato il via alle inchieste giornalistiche. «Un socio di minoranza residente nelle Bahamas ha avanzato proposte per noi irricevibili. Lo abbiamo diffidato tramite lo studio legale di Ignazio La Russa. Per risanare le imprese ho messo tutta la liquidità di cui disponevo. Per estinguere, in primo luogo, i debiti fiscali. L’intervento del fondo Negma ha portato vantaggi. Il titolo ha guadagnato in borsa, da gennaio, oltre il 500%». Poi la ministra si avvia a conclusione. Cosa resterà, secondo lei, di questa inchiesta: «Il mio stile di vita, il mio nomignolo, le mie case, le multe di competenza dell’Arma dei Carabinieri a cui ho dato in comodato gratuito una mia vettura. Come se avessi fatto un atto di arroganza. Non ho nessuna multa da pagare, lo voglio dire chiaramente. Ci vuole ben altro per spezzarmi o cambiare il mio umore».

Santanchè assicura che le istanze di fallimento siano rientrate, in alcuni casi, e in altri stiano volgendo verso la fine di un percorso di risanamento. «Mi sarei aspettata un plauso per aver impiegato il mio patrimonio per salvare le mie aziende. Per quanto riguarda l’addebito mosso alla mia persona per la vicenda Ki Group, non ho mai ricoperto posizioni di potere. Per quanto riguarda Visibilia, al contrario di quanto assume Domani, non sono stata raggiunta da avvisi di garanzia o rinvii a giudizio: quello sì, consentirebbe di muovere critiche politiche a mio riguardo». E chiude: «Sono una persona felice, che non odia il mondo. Quando mi guardo allo specchio, mi piace quello che vedo riflesso. Solo chi ruba nasconde, io non ho nulla da nascondere. Quello che mi fa sorridere è che le critiche più feroci vengano da persone che in privato hanno tutt’altro atteggiamento», afferma la ministra del Turismo, ventilando un’accusa di falsità nei confronti dei suoi avversari politici che si rivolgono alle sue strutture ricettive per le vacanze. Si sollevano, in Aula, le proteste delle opposizioni. «Per il resto, se ho commesso errori, ho già pagato, animata da una sola solida certezza, gli organi giudiziari funzionano bene».

La diretta video

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