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Quella volta che Geronimo La Russa entrò in casa di Roberto Vecchioni: «Lui e i suoi amici imbucati, alla fine era sparito tutto!»

19 Luglio 2023 - 06:00 Redazione
roberto vecchio geronimo la russa andrea scanzi
roberto vecchio geronimo la russa andrea scanzi
Il cantautore racconta un aneddoto che risale al 1997, finito in maniera molto comica. Ma il figlio del presidente del Senato contesta la ricostruzione e annuncia querela

Il cantautore Roberto Vecchioni ha un aneddoto da raccontare sui figli di Ignazio La Russa. Questa volta però non c’entra Leonardo Apache. Il protagonista della storia è Geronimo La Russa, figlio maggiore del presidente del Senato. Al suo studio è intestata la sim del cellulare del fratello minore accusato di stupro. Ed è probabile che la vicenda avrà una coda giudiziaria. Vecchioni ha parlato lunedì 17 luglio nella serata del festival “La Gaberiana” a Firenze. Sul palco con lui c’era Andrea Scanzi. «È passato tanto tempo, la posso raccontare perché ormai è andata in prescrizione», esordisce Vecchioni. Che durante l’intervento non esplicita mai il nome La Russa. «Mia figlia aveva 14 anni, era il 1997», precisa. «Per la prima volta volle fare una festicciola in casa insieme a quattro amiche».

La festicciola

L’aneddoto, riportato oggi da il Fatto Quotidiano, continua: «Lei voleva che noi andassimo fuori, così abbiamo passato la serata a casa di mia mamma. Bene, dopo pochissimo che la festa è iniziata ha cominciato ad arrivare gente». Insomma, c’era qualche imbucato. «Ragazzi di 17, 18, 19 anni. Quindi sia maggiorenni che minorenni. Mi hanno rubato tutto», dice Vecchioni. E ancora: «Hanno spaccato un bel po’ di roba. Mi hanno preso davvero di tutto, anche il portasigari, ma sono andati addirittura a rubarmi le t-shirt e le mutande. Non ho capito perché le mie mutande… un feticismo assoluto». A quel punto, ricorda Vecchioni, lui è andato a fare denuncia. «E un bel po’ di loro vengono beccati. Ora, io non voglio fare il cognome, ma dirò come si chiama il ragazzo, così si capisce chi era il padre: il giovane si chiama Geronimo», conclude il cantautore.

L’ultimo aneddoto

Quindi il figlio avvocato di Ignazio sarebbe stato convocato in caserma e coinvolto in prima persona nell’indagine. Ma è l’ultimo aneddoto quello più comico: «La signora che era assieme a Geronimo mi guarda e fa: ‘Ma anche lei, Vecchioni, perché non mette la roba in cassaforte?’».

La versione di Geronimo La Russa e l’annuncio di querela

Proprio Geronimo La Russa aveva ricostruito la vicenda in un’intervista rilasciata a Claudio Sabelli Fioretti per il Corriere Magazine nel 2005: «Arrivai con una ventina di amici. Ci furono dei furti. Anche tre dei miei amici, è stato accertato, rubarono qualcosa. Ci rimasi talmente male che da allora non li frequentai più». Ma secondo Vecchioni non è andata così. Anzi. Le responsabilità del giovane La Russa sarebbero state perdonate dagli inquirenti nonostante i fatti che lo riguardavano fossero certi: «Tutto è finito in una bolla di sapone e nessuno è stato accusato di niente. Nessuno. Quando la polizia mi ha chiamato, ho avuto un confronto proprio con Geronimo e una signora che lo accompagnava». E oggi, dopo la pubblicazione della ricostruzione di Vecchioni dell’accaduto, La Russa jr. torna a confermare la sua versione dei fatti, annunciando di aver dato mandato al suo avvocato di intraprendere possibili azioni legali. «Sono allibito per la notizia pubblicata dal Fatto Quotidiano, con richiamo in prima pagina», ha scritto Geronimo La Russa in una nota, che dice di trovare «incredibile che Vecchioni, intervistato dal noto giornalista del Fatto, Scanzi, provi a gettare immotivatamente e falsamente discredito su me e sulla mia famiglia già oggetto in questi giorni di particolare attenzione mediatica». Ragione per cui l’interessato annuncia di aver «dato mandato al mio avvocato Vinicio Nardo affinchè tuteli in ogni sede competente la mia onorabilità». Secondo La Russa jr., Vecchioni «già all’epoca in cui ero minorenne incentrò le sue attenzioni solo sul figlio diciasettenne di un deputato di destra, cioè mio padre, a distanza di 26 anni dovrebbe sapere benissimo che nei miei confronti non ci fu alcuna imputazione e che non fui affatto ‘perdonato’ in quanto il perdono giudiziale può essere concesso solo a chi è imputato e colpevole e io non lo sono mai stato!. Altri giovani conoscenti che parteciparono alla festa della figlia di Vecchioni ebbero invece conseguenze giudiziarie ed io ne presi immediatamente le distanze».

Foto copertina da: Il Fatto Quotidiano

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