Cosa rischia Fabrizio Corona dopo il falso scoop su Messina Denaro: l’indagine, gli eccessi d’ira, la rubrica sequestrata

Mancano due mesi alla fine dell’affido terapeutico in detenzione domiciliare. Il tribunale di sorveglianza potrebbe cambiare tutto

Il nome di Fabrizio Corona ieri è tornato d’attualità nelle cronache giudiziarie. L’ex fotografo dei vip è infatti indagato nell’inchiesta sulla fuga di notizie e sul falso scoop sull’arresto di Matteo Messina Denaro. L’indagine arriva quando a Corona mancavano due mesi alla fine dell’affidamento terapeutico in detenzione domiciliare. Ottenuto per curarsi dai disturbi psichiatrici. Ma il blitz dei carabinieri alle 3 di mattina nella sua abitazione milanese per la perquisizione ordinata dalla procura di Palermo rischia di cambiare tutto. Secondo l’accusa Corona avrebbe messo in contatto il maresciallo Luigi Pirollo e il consigliere di Mazara del Vallo Giorgio Randazzo con il direttore di MowMag Moreno Pisto. Il quale però ha dichiarato ai magistrati che Corona era d’accordo nel denunciare.


L’inchiesta

Proprio per questo il suo storico avvocato Ivano Chiesa non capisce perché il suo assistito sia stato perquisito e indagato. A Corona gli inquirenti contestano il reato di tentata ricettazione. «Un’ipotesi che definire una fantasia è un eufemismo», sostiene il legale. Telefono e pc di Corona sono stati sequestrati per estrarre una copia forense dei dati. Ma la vicenda finirà davanti al Tribunale di Sorveglianza. Perché, spiega il Corriere della Sera, Corona avrebbe violato le prescrizioni dei giudici. Il quotidiano ricorda che Corona ha ottenuto di nuovo la misura alternativa al carcere a maggio 2022 dopo la revoca dell’anno precedente. All’epoca era riuscito a collezionare quasi dieci anni di carcere. Per un cumulo di condanne per fatti connessi all’attività di imprenditore della comunicazione.


Il quotidiano scrive anche che quando i carabinieri hanno bussato alla sua porta l’avvocata Cristina Morrone l’ha convinto a calmarsi per evitare un eccesso d’ira. Pisto in un’intervista al Corriere conferma l’accordo su Corona ma dice di non sapere perché non si è presentato con lui in caserma per denunciare: «Questo dovete chiederlo a lui. Io so che quando gli ho annunciato le mie intenzioni mi ha detto che facevo bene a dire la verità». La trattativa, sostiene il direttore di MowMag, è durata « poco, ma poi abbiamo continuato ad avere contatti con Randazzo (il consigliere comunale coinvolto nella vicenda e finito ai domiciliari col carabiniere che materialmente aveva trafugato i file segreti dal server dell’Arma) per capire dove voleva andare a parare. E comunque l’agenda inserita nei file che avremmo dovuto acquistare pareva interessante».

La rubrica coi nomi di «persone che contano»

Pisto si riferisce alla rubrica sequestrata dal Ros dopo l’arresto di Messina Denaro che conteneva nomi di «persone che contano», secondo lui. In realtà dalle indagini è venuto fuori che l’agenda era del geometra Andrea Bonafede. Ovvero l’uomo che ha prestato l’identità al padrino. I numeri trascritti erano solo di suoi contatti.

Leggi anche: