Michele Santoro e Guido Ruotolo «spiati e pedinati dai pm di Caltanissetta». La denuncia di Servizio Pubblico

I due giornalisti pur essendo solo testimoni e non indagati nell’indagine per calunnia sul pentito Maurizio Avola hanno scoperto di avere un trojan nei propri smartphone, lo stesso usato «per mafiosi e terroristi»

I giornalisti Michele Santoro e Guido Ruotolo sono stati spiati per otto mesi dalla procura di Caltanissetta, che indaga il pentito Maurizio Avola per calunnia aggravata. A rivelarlo è la redazione di Servizio Pubblico, secondo cui i due fondatori e autori del libro “Nient’altro che la verità», in cui era stata raccolta la ricostruzione di Avola a proposito delle stragi di Capaci e via D’Amelio, pur non essendo indagati, ma coinvolti nel caso come semplici testimoni, sono stati «spiati, pedinati, intercettati ininterrottamente. Sui loro cellulari – spiega la nota – sono stati infatti installati dei Trojan, una tecnica di intercettazione molto invasiva, che si utilizza soprattutto per i mafiosi e i terroristi». Da Servizio Pubblico si punta il dito contro i pm di Caltanissetta, che «hanno ascoltato e identificato le fonti dei due giornalisti, registrato le loro conversazioni, seguito tutti i loro movimenti e infine li hanno sentiti senza la garanzia di un avvocato»


Oltre ai diritti di Santoro e Ruotolo, sono stati violati «anche i diritti della difesa – attaccano da Servizio Pubblico – per non parlare della circostanza clamorosa che un boss come Aldo Ercolano, della famiglia catanese di Cosa nostra, si sia rivolto alla giustizia, querelando Michele Santoro per diffamazione…». Quella messa in atto dalla procura di Caltanissetta per Santoro e Ruotolo è «un attacco senza precedenti alla libertà personale, alla privacy e alla libertà di stampa, di espressione e manifestazione del pensiero che dovrebbe fare saltare sulla sedia l’Ordine dei giornalisti, la Federazione della stampa italiana, ma anche i singoli colleghi che, all’infuori di isolate eccezioni, non hanno invece reagito in nessun modo a questa aberrazione giudiziaria».


Il caso solleva numerosi interrogativi, a cominciare da quanto possano essere esposti e sostanzialmente indifesi i «giornalisti delle testate locali, che non possono permettersi di rispondere con adeguata forza ad atti di questa portata», considerando che i magistrati di Caltanissetta si siano presi la libertà di «invasione nella vita di liberi cittadini e giornalisti con personaggi del calibro di Michele Santoro e Guido Ruotolo». L’attacco è rivolto anche a Ordine dei giornalisti e sindacato di categoria, a cui Servizio Pubblico chiede «che garanzie ci sono oggi per chi fa informazione? Che tutela hanno le fonti che entrano in rapporto con i giornalisti? Visto l’ormai inesorabile indebolimento (per delegittimazione, perdita di credibilità, disconnessione con la vita reale dei cittadini) degli altri due poteri che facevano da contrappeso, quali limiti ci sono all’attività di indagine dei magistrati in relazione alla libertà di stampa?».

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