Trentino, gastroenterite in hotel per 130 studenti e insegnanti: il titolare risarcisce con 230 euro a persona

Le scolaresche avevano alloggiato in un hotel di Dimaro nei primi mesi nel 2020. A contagiare i ragazzi era stato il norovirus, diffuso tra gli alimenti

Un assegno simbolico di 230 euro per ogni ospite per cercare la messa alla prova (per esempio un programma di volontariato accompagnato dai servizi sociali) nel rito penale e sperare nell’estinzione del reato. Una cifra tutt’altro che congruente con le richieste dei ricorrenti: dai 3mila ai 4mila euro ciascuno. Questa è l’opzione che il titolare dell’albergo di Folgarida, frazione di Dimaro, ha sottoposto al giudice che sta esaminando il caso dei contagi di norovirus nel suo hotel risalente a gennaio e febbraio 2020, appena prima della pandemia di Covid-19. Allora alcune scolaresche, per un totale di 130 tra studenti e professori, avevano alloggiato nella struttura sentendosi male con vomito, crampi e nausea.


Il caso

Gli episodi sono due, a distanza di circa un mese uno dall’altro. Gli studenti, tutti minorenni, alloggiavano nell’albergo in Val di Sole in occasione della settimana bianca quando un gruppo ha manifestato i primi sintomi. Crampi, nausea, febbre e vomito hanno costretto i ragazzi e le ragazze a letto, quella che doveva essere una gita scolastica si è trasformata così in un’esperienza pre-pandemica perché nell’hotel era stato allestito un vero e proprio ospedale da campo con alcuni ricoveri necessari ai nosocomi di Cles e Trento. Le indagini dell’azienda sanitaria trentina esclusero l’intossicazione alimentare: si trattava di norovirus, la causa più comune di gastroenterite, che era presente nelle superfici a contatto con gli alimenti. Poco dopo, a febbraio, un altro caso era scoppiato nella struttura. «Ci siamo sempre battuti per evidenziare che, quand’anche nel primo caso il giudice dovesse ravvisare la buona fede, la seconda ondata era invece assolutamente evitabile», sottolinea l’avvocato Alessio Stacchiotti che difende una scolaresca di Ancona, «L’indagine, con gli organi di accertamento di polizia giudiziaria, aveva evidenziato la presenza del virus nuovamente nei ripiani delle cucine». Il legale, insieme al collega di Parma, sostiene la tesi della negligenza, l’accusa reputa che l’albergatore non abbia posto la dovuta attenzione, non sanificando le superfici: «Si è invece ravvisata un’approssimazione importante da parte di chi doveva provvedere e non ha provveduto; il buon senso avrebbe dovuto portare a disdettare le prenotazioni delle scolaresche successive in virtù di un importante intervento di sanificazione. Ma ha prevalso l’interesse economico per gite e pernottamenti che in bassa stagione facevano comodo», evidenzia Stacchiotti.


Il risarcimento simbolico

Il titolare della struttura con la scelta di risarcire tutti i clienti con un assegno di 230 euro l’uno vuole ottenere dalla procura la messa alla prova ai servizi sociali che, in caso di buon esito, potrebbe portare anche all’estinzione del reato. Se sul fronte penale il capitolo potrebbe chiudersi così, lato civile resisterebbe ancora la richiesta di risarcimento completo degli ospiti dell’albergo. «L’assegno erogato ora non era a copertura danno, ma sostanzialmente un atto di buona volontà agli occhi del giudice per ottenere la messa alla prova. Se si riuscisse a trovare un accordo su un risarcimento congruo potremmo anche chiudere la questione ed evitare il procedimento civile che implicherebbe altri anni e altri costi per le famiglie», conclude l’avvocato Stacchiotti. La prossima udienza è fissata per martedì 26 marzo 2024 al Tribunale di Trento.

In copertina, l’Ospedale Valli del Noce di Cles

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