eSono stati presentati alla Cassazione i ricorsi dell’Avvocatura generale dello Stato contro i provvedimenti del Tribunale di Catania con i quali la giudice Iolanda Apostolico non ha convalidato il trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri – Cpr – nei confronti di alcuni migranti tunisini. L’Avvocatura ha proposto ricorsi distinti per ciascuno dei casi in cui sono stati disattesi i decreti di rimpatrio emessi dal questore di Ragusa. La prima ordinanza del Tribunale siciliano è del 30 settembre scorso. In quel caso Apostolico, tacciando di illegittimità e contrasto con la normativa europea il decreto migranti del ministro Piantedosi, aveva accolto il ricorso di una persona migrante di origini tunisine, ordinando la sua liberazione. E aveva poi dichiarato illegittimi i trattenimenti di altre tre persone con la stessa condizione giuridica. L’11 ottobre Apostolico aveva preso un’altra decisione analoga riguardante quattro migranti tunisini, e così aveva fatto il giudice Cupri di Catania tre giorni prima non convalidando il trattenimento nei Cpr disposto dal questore in altri 6 casi. Il Viminale aveva annunciato che avrebbe fatto ricorso contro le ordinanze del Tribunale, presentato oggi 23 ottobre.
I ricorsi dell’Avvocatura di Stato
L’Avvocatura chiede quindi alla Cassazione di intervenire a Sezioni Unite, «per la novità e il rilievo della materia», contestando l’assunto della giudice Apostolico e del Tribunale di Catania sul contrasto tra la normativa italiana e quella europea. Secondo l’Avvocatura non vi è nessuna violazione della direttiva europea 2013/33 per almeno quattro ragioni. «A differenza di quanto sostenuto nelle ordinanze», si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi, «la direttiva prevede procedure specifiche alla frontiera o in zone di transito, per decidere sulla ammissibilità della domanda di protezione internazionale, se il richiedente non ha documenti e proviene da un Paese sicuro». In secondo luogo, la direttiva europea «stabilisce alternativamente il trattenimento o il pagamento di una cauzione», e per questo motivo «non vi è ragione per disapplicare i decreti del questore che fissano l’uno o l’altro». In terzo luogo, la direttiva in questione «contempla la possibilità che il richiedente sia spostato in zona differente da quella di ingresso, se gli arrivi coinvolgono una quantità significativa di migranti che presentano la richiesta». Infine, «in caso di provenienza del migrante da un Paese qualificato “sicuro” deve essere il richiedente a dimostrare che, nella specifica situazione, il Paese invece non sia sicuro, senza improprie presunzioni da parte del giudice».
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