Caso Apostolico, assist del «Fatto Quotidiano» al centrodestra: «La terzietà del giudice è un valore fondamentale»

Nella colonna del giornale un commento che attinge alle lezioni di etica professionale del magistrato e beato Rosario Livatino

L’Associazione nazionale magistrati ha convocato, il prossimo 26 novembre, l’assemblea generale per discutere del caso Iolanda Apostolico, la giudice che con un ordinanza ha disapplicato le direttive del decreto Cutro liberando tre migranti. All’ordine del giorno, si legge in una nota, «gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati che hanno adottato provvedimenti in materia di protezione internazionale». Già in precedenza il Comitato direttivo dell’Anm aveva censurato gli attacchi del governo contro la magistrata di Catania, affermando che lo scopo era quello di «intimorire ogni giudice che dovesse assumere un’interpretazione non in linea con le scelte dell’esecutivo». La vicenda, salita alle cronache nazionali anche per la pubblicazione di un video sull’account di Matteo Salvini, in cui si vede Apostolico partecipare a una manifestazione pro migranti, è affrontata oggi – 25 ottobre – su una colonna del Fatto quotidiano. L’articolo a firma di Antonio Esposito spezza una lancia in favore del centrodestra.


La lezione di Livatino

Se è vero, si legge, che «il potere politico anziché criticare nel merito il provvedimento finisce con l’aggredire il magistrato che lo ha emesso ponendo in essere una carica intimidatoria», il giornale diretto da Marco Travaglio rileva come la «terzietà sia un valore fondamentale» per la magistratura. Nell’articolo, viene biasimata la parte di una lettera sottoscritta da avvocati, giornalisti e giuristi in solidarietà di Apostolico in cui si denuncia la restrizione della libertà di riunione e dell’esercizio dei diritti politici di tutti. Per smontare la tesi delle personalità che hanno firmato il documento, tra cui Luigi Ferraioli e Livio Pepino, il Fatto ricorre a una lezione sull’etica professionale fatta nel 1984 da Rosario Livatino. Il magistrato, beatificato dalla chiesa cattolica dopo la sua uccisione da parte della mafia, ammoniva: «Il giudice di ogni tempo, oltre che essere, deve anche apparire libero e indipendente. L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta, anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale».


«E se non avesse partecipato a quella manifestazione contro Salvini?»

E ancora, proseguiva Livatino, il giudice «deve in ogni circostanza comportarsi in modo tale da promuovere la fiducia del pubblico nella integrità e imparzialità dell’ordine giudiziario. Solo se il giudice realizza in se stesso queste condizioni la società può accettare che egli abbia sugli altri un potere così grande come quello che ha». L’articolo si conclude con una domanda dello scrivente, ovvero: «Se la magistra Apostolico non avesse partecipato a quella pubblica manifestazione di protesta contro le decisioni e i comportamenti – sia pure arbitrari – del ministro degli Interni in carica, vi sarebbe stato il duro – ingiustificato – attacco dei politici che investiva non solo la persona e l’operato del magistrato, ma anche, strumentalmente, la terzietà della funzione giudiziaria e della stessa magistratura?».

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