In Evidenza ENISiriaUSA
ATTUALITÀDepistaggiFemminicidiInchiesteLazioOmicidiRomaSimonetta CesaroniViolenza sulle donne

Delitto di via Poma, parla la sorella di Simonetta Cesaroni: «Hanno coperto l’assassino. L’inchiesta non deve esser archiviata»

07 Gennaio 2024 - 09:17 Redazione
«All’epoca non era diffusa la parola femminicidio, ma di questo si tratta. E sono convinta che c’è sempre tempo per la ricerca della verità», spiega a La Stampa la donna, tramite i suoi legali

«Il dolore non finisce mai. Si trasforma negli anni. All’inizio è sconvolgente, lancinante, distruttivo. Poi si nutre del bisogno di ottenere giustizia e diventa più razionale, anche se continua a divorarti dentro. Io chiedo verità e giustizia da quasi 34 anni e ancora non l’ho ottenuta perché finora hanno voluto coprire l’assassino di mia sorella. Per questo spero che non vengano archiviate né l’inchiesta su Mario Vanacore né quella su Francesco Caracciolo Di Sarno. Io non smetterò mai di lottare». Con queste parole, affidate a La Stampa, Paola Cesaroni, 60 anni, continua a dire che vuole la verità su quello che accadde a sua sorella quel lontano 7 agosto 1990. Attraverso la sua avvocata Federica Mondani, sottolinea che «ogni giorno io e la mia famiglia siamo spettatori di notizie sconcertanti che tengono viva la disperazione come fosse il primo giorno».

I due fascicoli aperti

Trent’anni, oggi a via Poma c’è un bed and breakfast, ma lì Simonetta fu uccisa in casa, con 29 coltellate. «All’epoca non era diffusa la parola femminicidio, ma di questo si tratta. E sono convinta che c’è sempre tempo per la ricerca della verità. Per tutte le giovani ragazze ammazzate deve esserci sempre tempo. E anche per mia sorella», spiega. Attualmente sono due i fascicoli aperti dalla procura di Roma nel marzo 2022 per gli esposti degli avvocati della famiglia della vittima, Federica Mondani e Giuseppe Falvo. Uno riguarda Mario Vanacore, figlio di Pietro, il portiere del palazzo di via Poma, l’altro l’avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno, all’epoca presidente dell’associazione Alberghi della Gioventù, dove lavorava Simonetta Cesaroni, morto nel 2016. Recentemente la Repubblica ha pubblicato un’informativa dei carabinieri sulla pista che riguarda Mario Vanacore ma un mese fa al termine delle indagini svolte dai magistrati capitolini è stata sollecitata al gip l’archiviazione non sono essendo emersi nuovi elementi utili. Su Caracciolo Di Sarno emerse una denuncia per abusi fatta da una collega di Simonetta e raccolta dalla trasmissione Quarto Grado. «La donna, ormai ultracinquantenne – precisa Paola – ha confessato in Procura le molestie subite. Non aveva denunciato all’epoca dei fatti perché i suoi genitori lavoravano per Caracciolo e temeva che li licenziasse. Questa notizia ci ha riportato indietro di 34 anni, quando già dicevamo che quello di via Poma, di quelle palazzine, degli Ostelli, era un ambiente di dubbia moralità. È lì dentro che va cercato l’assassino, per questo il processo al fidanzato di mia sorella, Raniero Busco, prosciolto in via definitiva, ci aveva sempre lasciati perplessi».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti