Adolescenti transgender, la società psicanalitica italiana: «Chiediamo una discussione scientifica sui farmaci bloccanti della pubertà»

Sarantis Thanopulos, presidente della Spi-Società psicoanalitica italiana, torna a criticare l’uso dei farmaci bloccanti ipotalamici. Ma la comunità scientifica del settore rigetta le sue tesi

Torna al centro del dibattito pubblico lo scontro sui farmaci bloccanti della pubertà per adolescenti transgender. Sarantis Thanopulos, presidente della Spi – Società psicoanalitica italiana, in un’intervista al Fatto Quotidiano chiede una discussione scientifica sul modello clinico presente nei centri specializzati italiani che fanno uso di medicinali come la triptorelina, somministrata ai minori che manifestano incongruenza di genere. «La pubertà è un processo di trasformazione molto forte dal corpo neutro al corpo sessualizzato che nei bambini e nelle bambine può generare grosse difficoltà. Ma è un processo fondamentale per l’acquisizione dell’identità sessuale e dell’identità di adulto. Sappiamo che solo una minima percentuale dei minori con disforia di genere conferma l’incongruenza nell’adolescenza. E che il nostro corpo ha una plasticità, conserva una parte maschile e una parte femminile», dice a colloquio con Maddalena Oliva e Natascia Ronchetti. Si tratta di affermazioni che aveva espresso esattamente un anno fa in una lettera indirizzata al governo in cui la Spi chiedeva lo stop dei farmaci bloccanti per la pubertà. Lettera che provocò sconcerto all’interno della comunità scientifica tanto che altre organizzazioni mediche, esperte del settore, si dissero contrarie a quanto dichiarato dalla Società psicoanalitica italiana.


I farmaci bloccanti

«Se blocchi lo sviluppo puberale non crei un uomo o una donna: per arrivare all’acquisizione di una identità di genere la pubertà deve essere vissuta. E bloccarla ha delle controindicazioni: non porta per esempio a un’evoluzione che riguardi anche la sfera della soddisfazione sessuale. Inoltre a volte si possono confondere depressione, psicosi, disturbi dello spettro autistico, ansia o ideazioni suicidarie con questa condizione. Un percorso che porta alla transizione prima che questa si sia compiuta e stabilizzata psichicamente è rischioso. Porta a modifiche del proprio corpo delle quali ci si può pentire», sostiene Thanopulos


L’affermazione del minore

Secondo il presidente della Spi non sarebbe sufficiente l’affermazione del minore per agire: «Sta passando l’idea che con un trattamento medico puoi diventare altro. Siamo di fronte a una tendenza all’industria della trasformazione, sorretta anche da interessi economici molto forti da parte delle case farmaceutiche, che minaccia l’equilibrio delle nostre relazioni». Affermazioni anche queste che vengono rigettate dalla comunità scientifica del settore. «Lo scopo di questi farmaci non è né castrare chimicamente e definitivamente, né modificare orientamento e identità sessuale, ma dare tempo ai giovani sofferenti e alle famiglie di fare scelte ponderate e mature, impedendo stigma sociale, autolesionismi e suicidi», spiegano, infatti, 12 società scientifiche in una lettera congiunta. Un aspetto su cui concorda, invece, il presidente Thanopulos è che la normativa «dovrebbe consentire il cambio di sesso senza transizione ormonale: sarebbe un atto di grande civiltà».

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