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Confiscato il Castello delle Cerimonie, rischia l’abbattimento. I Polese: «Ingiusto, valutiamo ricorso alla Corte di Strasburgo»

16 Febbraio 2024 - 17:33 Stefania Carboni
Preoccupa il destino de "La Sonrisa", l'hotel-ristorante di San't Antonio Abate reso famoso dal programma di Realtime, dove lavorano oltre cento persone

È stato confiscato il “Castello delle Cerimonie“, l’hotel-ristorante di San’t Antonio Abate, nel napoletano, reso celebre dalle trasmissioni di RealTime. Una sentenza della Corte di Cassazione emessa ieri, prevede la confisca del locale “La Sonrisa” e ha anche sancito la prescrizione dei reati contestati agli indagati. La vicenda giudiziaria che coinvolge la struttura è iniziata nel 2011: con una serie di abusi edilizi realizzati, secondo le indagini, a partire dal 1979, su un’area di oltre 40mila metri quadri. Gli immobili e i terreni su cui sorge il Castello saranno acquisiti nel patrimonio immobiliare del Comune di Sant’Antonio Abate. Con la sentenza del tribunale di Torre Annunziata (Napoli), emessa nel 2016, fu condannata a un anno di reclusione (pena sospesa) Rita Greco, defunta moglie del “Boss delle Cerimonie” Tobia Antonio Polese, e per Agostino Polese, suo fratello, al tempo amministratore della società. La sentenza di primo grado venne riformata in parte dalla Corte d’Appello di Napoli, sentenza ora passata in giudicato tramite il pronunciamento della Cassazione.

A rischio oltre 100 posti di lavoro

Quello che però preoccupa di più è il destino dei lavoratori de “La Sonrisa”, che rappresenta per il paese di Sant’Antonio Abate un importante fonte di reddito e di occupazione. Tra stagionali e fissi si parla di circa un centinaio di persone, 40 i dipendenti stabili mentre sono 70 quelli reclutati per i grandi eventi. Per non parlare di fotografi, wedding planner e tutti i settori lavorativi correlati alle cerimonie che si svolgevano al Castello. Ora che finirà nelle mani del Comune per Il Castello delle Cerimonie si aprono due soluzioni: o sarà totalmente demolito o potrà esser utilizzato solo a scopi di pubblica utilità. Nulla a che fare con il giro d’affari di prima. Il sindaco di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale ha dichiarato: «È un verdetto inatteso che ci colpisce molto, poiché si tratta di una struttura ricettiva importante per il nostro territorio, inserita nell’economia e nel tessuto di Sant’Antonio Abate, punto di riferimento per tutta l’area e che da anni offre lavoro a centinaia di famiglie, non solo abatesi. Al momento non ci è stato notificato nulla, daremo seguito alla sentenza ed alle attività necessarie da mettere in campo in rapporto alle circostanze sopraggiunte, con il massimo della trasparenza e nel rispetto della legalità». «Avvieremo sicuramente un’interlocuzione con le autorità preposte per gestire al meglio la situazione», conclude Abagnale. Sempre ieri, a Sant’Antonio Abate, il sindaco ha reso pubblico il destino di una villetta abusiva, anche questa confiscata e acquisita dal Comune: diventerà un asilo nido, grazie all’utilizzo dei fondi del Pnrr.

Una possibile soluzione (senza i Polese)

Come uscire dall’impasse? Il prossimo step sarà un incontro tra comune e prefettura. Non si vorrebbe cambiare l’uso dell’azienda ricettiva. Ma questo prevede una assegnazione a privati, tramite bando pubblico, che escluderebbe di fatto i titolari o appartenenti alla famiglia Polese. Dalla struttura, infine, il Comune dovrebbe ricavare un affitto per pubblica utilità. Ed in zona c’è già un caso simile, con un ristorante che fu confiscato ed è stato lasciato alla gestione privata, assicurando al Comune l’affitto del locale.

I Polese: «Stiamo valutando il ricorso alla Corte di Strasburgo»

«Riteniamo di aver subito un’ingiustizia, che forse la Cassazione non ha neanche letto le carte e che sia stata fatta una valutazione a senso unico. Stiamo considerando con gli avvocati cos’altro fare, credo che ci appelleremo alla Corte di Strasburgo, per essere valutati da una Corte imparziale. Siamo tutti avviliti, insieme alle nostre circa 300 famiglie che lavorano con noi tra diretto e indotto. Pensavamo che la giustizia fosse diversa, che con i reati finiti in prescrizione non si procedesse in questo modo, non ce l’aspettavamo questa decisione», ha dichiarato Ciro Polese, uno dei soci e proprietari. «Ora non so cosa accadrà. Al momento stiamo continuando a lavorare perché il Tribunale ci ha affidato l’azienda, proprio per non mandare a casa i lavoratori. Speriamo che anche il Comune possa farlo. O che in futuro si occupino della struttura una o più associazioni, che non mandino a casa i nostri dipendenti. Noi continueremo la nostra battaglia».

(foto copertina via Trash Italiano/X)

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