I membri della Gen Z sono più inclini dei Baby boomer a pensare che il femminismo sia un problema

Lo ha rivelato un recente studio Ipsos per il Policy Institute del King’s College di Londra e il Global Institute for Women’s Leadership 

«Una cosa al volo: ma voi avete mai visto una femminista… non dico gnocca, modella di Victoria’s Secret… ma decente, carina, passabile?». Una caustica boutade valsa al suo autore oltre mezzo milione di views su TikTok. «Ragazze, quando ballate mezze nude nei locali, sappiate che non piacete realmente a nessuno dei ragazzi che vi guardano. Si, due botte le darebbero, perché capirai, le darebbero a tutti… ma nessuno vorrebbe una fidanzata così», dice lo stesso autore del post precedente in un altro video. Nei commenti sono molti ad applaudire il suo presunto coraggio di dire apertamente «grandi verità».


C’è poi chi la butta sul ridere, deridendo l’indignazione che a suo dire le femministe proverebbero scoprendo che «la chiesa più importante di ogni città è il Duomo e non la Ddonna». Qualcun altro ci prova con più scarsi risultati, riproponendo un annoso cavallo di battaglia: «Provo a spiegare alle femministe che devono ricordare di esserlo anche quando vengono portate a cena fuori». Insomma, nonostante i social siano grandi megafoni per le istanze del femminismo, inizia a insorgere una fetta crescente di detrattori. E sono molto più giovani di quello che ci si potrebbe aspettare.


Gli esempi

Un recente studio Ipsos per il Policy Institute del King’s College di Londra e il Global Institute for Women’s Leadership ha rivelato, all’inizio del mese, che il femminismo è molto più avversato dai membri della Generazione Z che dai Baby boomer. Tra gli intervistati (3.600 persone), un maschio su quattro di età compresa tra 16 e 29 anni crede che sia più difficile essere un uomo che una donna. E tra quelli che conoscevano l’influencer Andrew Tate (arrestato in Romania alla fine dello scorso anno con le accuse di stupro, tratta di esseri umani e associazione a delinquere), il 20% si era fatto un’opinione positiva di lui. L’ex kickboxer, autodefinitosi «orgogliosamente misogino», è stato difeso anche dal paladino dei giovani demoralizzati Jordan Peterson, autore di bestseller e accademico canadese.

Apprezzato dal 32% degli uomini tra i 16 e i 29 anni, Peterson ha elogiato la «schiettezza aggressiva» di Tate, che soppianterebbe un atteggiamento di «umiliante sconfitta». Tra le dichiarazioni che hanno reso Tate celebre sul web c’è quella secondo cui le ragazze dovrebbero «assumersi una parte di responsabilità» per gli stupri che subiscono. O il racconto di come reagirebbe se una donna lo accusasse di tradimento: «Tiro fuori il machete, glielo sbatto in faccia e la prendo per il collo. Stai zitta, stronza».

I numeri

Non sono gli unici dati che emergono dalla ricerca. Per quanto riguarda il femminismo, il 16% dei maschi della generazione Z ritiene che abbia fatto più male che bene. Una percentuale più alta di quella riscontrata tra gli over 60, dove il dato si è fermato al 13%. La ricerca ha anche scoperto che il 37% degli uomini di età compresa tra 16 e 29 anni considera la «mascolinità tossica» un concetto privo di significato. Insomma, le nuove generazioni sembrano mostrare più resistenza al cambiamento sociale rispetto a quelle vecchie. «Si tratta di un modello generazionale nuovo e insolito», ha ammesso il professor Bobby Duffy, direttore del Policy Institute. 

Le spiegazioni e le prospettive

Per Rosie Campbell, direttrice del Global Institute for Women Leadership, «il fatto che questa generazione sia la prima a trarre le proprie notizie e informazioni dai social è probabilmente almeno parte della spiegazione». «Sembra che i giovani di sesso maschile a questo punto della propria vita abbiano sentito parlare molto del “girl power” ma non abbiano ancora capito le disuguaglianze che esistono, ad esempio, in campi come il lavoro e la cura dei figli». Duffy ha però fatto una precisazione finale. Spiegando che «c’è una minoranza consistente, compresa tra un quinto e un terzo, che sostiene il punto di vista opposto». E questo, nel prossimo futuro, rischia di alimentare la polarizzazione e il conflitto.

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