«Scrivi quando arrivi». Una frase che si usa solitamente ai saluti al termine di una serata per rassicurarsi che l’altro, soprattutto se si ha di fronte una donna, arrivi a casa sano e salvo. È diventato, però, anche il nome di un gruppo WhatsApp utilizzato da centinaia e centinaia ragazze – di cui la gran parte fuorisede – per poter chiedere aiuto in caso di timore la sera. «Ciao ragazze, c’è qualcuna sveglia?», chiedono. E partono risposte e conforto, tra le 300 ragazze presenti nel gruppo. A raccontarlo è l’edizione bolognese de la Repubblica. L’ideatrice si chiama Samia Outia, una ragazza di 22 anni, veneta e di origini marocchine, che studia giurisprudenza all’università. Le ragazze e le donne lo sanno: il catcalling è sempre dietro l’angolo. Una vera e propria molestia che tuttora moltissimi uomini continuano a perpetrare. E quando cala la luce del sole, la situazione peggiora e il timore di ricevere “apprezzamenti” verbali non richiesti si tramuta nella paura che possa succedere di peggio.
L’idea di Samia
L’idea di Samia, fa sapere, nasce soprattutto a seguito di alcuni casi mediatici come il femminicidio di Giulia Cecchettin e «i casi di violenza sessuale qui in via dell’Unione e delle Belle Arti». Lei e le sue amiche, infatti, si sentono particolarmente insicure da tempo. Da qui la scelta di creare un gruppo di conforto e di vera e propria sorveglianza, pubblicizzato con dei volantini in giro per le università. «Non ti senti sicura a tornare a casa? Neanche io», si legge. Prima di accedere al gruppo viene fatta una verifica di informazioni dell’utente. Per il momento, non è successo nulla di grave alle ragazze che hanno chiesto aiuto sul gruppo. «Forse, perché ci hanno viste al telefono», ipotizza la fondatrice Samia.
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