Post «sgrammaticato» di Valditara, la spiegazione della Crusca: «Frase complessa ma non sbagliata»

La parola fine sula vicenda la mette il presidente onorario dell’Accademia, il professor Claudio Marazzini: «Era solo sbagliato il contesto»

La parola fine sulla vicenda del post di Giuseppe Valditara che aveva generato numerose polemiche perché considerato «sgrammaticato» la mette il presidente onorario dell’Accademia della Crusca. «Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che noi intendiamo muoverci»: questa la frase incriminata condivisa dal ministro dell’Istruzione sui social. Già il linguista Massimo Arcangeli, docente di Lettere dell’Università di Cagliari, dopo gli attacchi al ministro era intervenuto per “scagionarlo” definendo quella frase sicuramente «migliorabile» ma comunque «corretta». E ora anche il professor Claudio Marazzini, professore emerito nell’Università del Piemonte Orienta, ha chiarito che quell’espressione non era sbagliata.


La spiegazione del presidente onorario della Crusca

«Ai censori della frase scritta o dettata dal ministro è sfuggito che il periodo in questione non è sbagliato, anche se dà luogo a una frase piuttosto complessa», spiega chiaramente il presidente onorario della Crusca, aggiungendo che quella complessità era sicuramente inadatta al contesto, ossia i social, che «richiede di preferenza una sintassi elementare». E poi entra nel dettaglio sulle ragioni della correttezza di quella frase: «La critica all’uso dei verbi qui presenti deriva da un’interpretazione lineare, la seguente: nella serie ipotetica se sarà, se studieranno, se saranno coinvolti, se non vivranno, è estraneo e anomalo il congiuntivo si insegni. Tuttavia il “se si insegni” può avere un preciso valore: esprime uno stato di maggiore eventualità rispetto al contesto, come una sorta di desiderio; vale “qualora si insegni, come io spero”, “nel caso in cui nelle scuole si insegni, come mi auguro”. È dunque interpretabile come un congiuntivo ottativo, in riferimento a un’eventualità auspicata dallo scrivente, possibile e realizzabile, ma che lo scrivente stesso teme che possa non verificarsi, e in quel caso ci saranno effetti negativi sulle altre ipotesi formulate con il futuro. In questo senso, il congiuntivo è accettabile, per quanto piuttosto ricercato, anche se – come si diceva – si discosta dalla serie degli altri verbi al futuro, attivi e passivi».


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