Abusi sessuali su una nuotatrice 14enne, parla la madre: «L’allenatore mi ha detto: “Cosa dovevo fare? Mi provocava”»

La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per il coach di nuoto Oreste Ragusa. I fatti risalgono all’agosto del 2021

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Oreste Ragusa, allenatore di nuoto di 28 anni, accusato di aver stuprato la sua atleta di 14 anni la notte di San Lorenzo del 2021 in un albergo del quartiere Prati di Roma, a poche ore da una gara ai campionati italiani. E a distanza di pochi giorni dal verdetto, la mamma della giovane si sfoga in una lunga intervista al Messaggero. «Per noi è stato un doppio dolore accorgerci che quella persone di cui avevamo fiducia e a cui volevamo bene si era approfittato di nostra figlia», dice la donna. A inchiodare il giovane c’è, secondo il pm Antonio Verdi, il racconto reso in incidente probatorio della giovane. «Ragusa era una persona meraviglioso. Un punto di riferimento, ci fidavamo», afferma la mamma della 14enne. «Mia figlia è una ragazza con carattere, esuberante ed energica – continua -. Aveva avuto dei momenti di difficoltà e mi era capitato di leggere dei messaggi che l’allenatore le aveva mandato nei quali la incitava ad andare avanti». 


La violenza

Nell’agosto del 2021 i famigliari della giovane partono per i Campionati italiani di nuoto, in programma a Roma, assieme al team della figlia. «Ma non potevamo assistere alla gara causa Covid, la vedemmo in streaming», precisa la donna. Passa del tempo e la baby-nuotatrice inizia le superiori, ma salta spesso l’allenamento. «Anche a tavola e capitava di parlare dell’allenatore – spiega la mamma – vedevo il fastidio nel suo volto. Non era più come prima». Quindi la decisione di accompagnare la figlia all’Asl, dove un’associazione si occupa di sostegno psicologico. Una psicologa raccoglie, così, le confessioni della giovane e partono le indagini. «Non potevo davvero credere che aveva provato ad avere atteggiamenti non consoni alla situazione», ammette la mamma. Durante una gara a Riccione, racconta la donna, «andai a parlare con l’allenatore per dargli una possibilità, ma quando lui mi disse: “Cosa dovevo fare? Sempre lì che mi provoca” io ho percepito che sì, quelle di mia figlia non erano bugie. Ma la cosa che fa più male – conclude – è che tutti ti voltano le spalle: se non sei la ragazza “acqua e sapone” sei quella che se lo è andato a cercare».


Leggi anche: