Ilaria Salis in tribunale senza catene, i testimoni non la riconoscono tra gli aggressori. La rabbia del padre per la rivelazione del domicilio

I testimoni sentiti in aula, tra cui uno degli aggrediti, ha ammesso di non aver visto chi lo ha picchiato, perché i componenti del gruppo avevano tutti il volto coperto

È stato aggiornato al 6 settembre il processo a Ilaria Salis, la 39enne accusata di aggressione ai danni di militanti di estrema destra a Budapest. Per la prima volta l’attivista, candidata alle Europee per Avs, è stata portata in aula senza manette e catene alle caviglie. Giunta in tribunale assieme ai suoi genitori, ha fatto il suo arrivo tra i giornalisti e il sostegno dei suoi amici, tra cui spicca la presenza di Zerocalcare. Prima dell’inizio della terza udienza del processo a suo carico, Salis ha espresso il suo ringraziamento a tutte le persone che l’hanno sostenuta in questo travagliato percorso legale: «Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato», ha affermato. Il giudice Josef Szos ha rivelato l’indirizzo dove Ilaria Salis sta scontando i domiciliari durante la terza udienza del processo a carico dell’ex insegnante.


La protesta del padre

Immediata la protesta del padre Roberto Salis che si è girato verso l’ambasciatore italiano Manuel Jacoangeli dicendogli che «bisogna fare qualcosa». L’avvocato della difesa Gyorgy Magyar ha denunciato: «L’indirizzo non dovrebbe essere rivelato, anzi protetto e non va inserito nel verbale». Prima dell’inizio dell’udienza, l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli ci ha tenuto a commentare che la concessione dei domiciliari a Salis è «un bel risultato per il quale abbiamo sempre lavorato, rasserena tutta la situazione e le consente di affrontare meglio il processo». Per poi aggiungere: «Abbiamo suggerito ripetutamente alla famiglia di intraprendere questa strada e l’ambasciata appoggerà sicuramente una richiesta di domiciliari in Italia».


Nessun testimone la riconosce

I tre testimoni sentiti oggi in aula non sono stati in grado di riconoscere Salis tra gli aggressori del gruppo di estrema destra. Il primo a parlare, Zoltan Toth, intervenuto come parte lesa, non ha riconosciuto Salis. Collegato da un’altra aula con voce camuffata, Toth ha spiegato che «il 10 febbraio del 2023 all’uscita di un ufficio postale sono stato aggredito da dietro da persone che avevano il volto coperto e quindi non sono in grado di riconoscerne nessuna. Non hanno detto niente e non so se fossero uomini o donne». Toth ha aggiunto che prima di entrare nell’ufficio postale «mi ha chiamato una donna con i capelli biondi che mi ha chiesto se partecipavo al giorno dell’Onore e ho detto di no. Sono entrato nell’ufficio postale e uscendo sono stato aggredito. Mi hanno colpito alla testa e sono caduto per terra cercando di proteggere la faccia. Non ho capito nulla, stavo male, ho cercato di sedermi e mi hanno spruzzato spray in faccia». Toth ha spiegato di far parte di un’associazione «che protegge i valori ungheresi» e che «probabilmente sono stato aggredito per il mio abbigliamento». «Soffro ancora per l’aggressione, ancora adesso sono psicologicamente provato per quanto successo», ha concluso chiedendo un risarcimento di 10 milioni di fiorini ungheresi.

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