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La Verità contro Maria Elena Boschi: «La prescrizione ha salvato il padre dall’accusa di ‘ndrangheta»

20 Agosto 2024 - 08:06 Alba Romano
maria elena boschi pier luigi boschi ndrangheta prescrizione
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Il quotidiano all'attacco della deputata di Italia Viva: l'inchiesta è stata archiviata

La Verità va all’attacco di Maria Elena Boschi. Accusando il padre Pierluigi, indagato per turbativa d’asta, reato aggravato ai sensi dell’articolo 416 bis 1 del codice penale, perché sarebbe stato commesso al fine di agevolare l’attività di una cosca di ’ndrangheta. L’accusa di aver truccato una gara era già stata contestata quasi quindici anni fa, ma le indagini non avevano portato a nulla. Mentre oggi, sostiene Giacomo Amadori sul giornale di Maurizio Belpietro, a salvarlo è stata la prescrizione. La storia parte da Francesco Saporito, socio di Boschi nell’acquisto per 7,5 milioni di euro della Fattoria di Dorna, una grande tenuta agricola in provincia di Arezzo. All’epoca il padre della parlamentare di Italia Viva era presidente della Cantina Valdarno superiore. E superò la concorrenza di appena 10 mila euro.

Il contenzioso

Successivamente, è la ricostruzione del giornale, Pierluigi Boschi rivendette un rustico con terreno incassando 250 mila euro. La denuncia dell’acquirente fece partire il contenzioso con l’Erario. «Boschi mi ha fregato parecchi soldi, sa? Questi 250.000 più altri 200.000 euro», ha detto Saporito a La Verità nel 2017. Il denaro sarebbe servito «a far ritirare un architetto di Firenze dalla trattativa per Dorna». Saporito aggiunse: «Boschi dice di averle dato 200.000 euro. Ma per me non è vero niente, perché poi mi è stato riferito che l’Ateneo ha accontentato la professionista con un’altra vendita e quei soldi a mio parere li ha pigliati lui. Comunque me li ha fregati». Il collaboratore di giustizia Salvatore Muto nel 2019 ha raccontato di un’altra tenuta in provincia di Siena, dove era attivo il socio di Boschi.

Il pentito

«Saporito li aveva acquistati in parte investendo denaro della ‘ndrangheta e in parte facendo dei mutui. […] Si trattava di alcuni milioni di euro, forse tre. L’affare era nato perché c’era questo denaro delle cosche da investire», ha spiegato Muto. Il denaro sarebbe finito in una cassetta di sicurezza del Monte dei Paschi di Siena: «Appare giustificato che eventuali somme di denaro a nero utilizzate da Saporito anche per la trattativa per la Fattoria di Dorna, ivi compresa la somma di denaro consegnata a Boschi e destinata verosimilmente all’architetto Baracchi, siano transitate per questa cassetta di sicurezza», annotò all’epoca la Direzione investigativa antimafia. A dirglielo è stato Edo Commisso, coindagato di Saporito in un’inchiesta per riciclaggio.

Commisso e Boschi

Commisso per i magistrati sarebbe l’uomo «incaricato dalla cosca di sovrintendere agli interessi della stessa in territorio toscano e di individuare occasioni di investimento». Ed ha avuto rapporti per anni con Boschi senior. Ma la fine della storia non porta a nulla. Il 30 agosto 2022 il gip Fabio Gugliotta non si addentra nei particolari e conclude che, «anche a prescindere da una valutazione degli elementi indiziari ricavabili dalla documentazione presente nel fascicolo, risulta decorso il termine di prescrizione del reato». E dispone l’archiviazione.

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