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«Sallusti è un asino e non sa scrivere in italiano, ma su Arianna Meloni ha delle informazioni»

arianna meloni giorgia meloni vittorio feltri alessandro sallusti
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Vittorio Feltri: ha un rapporto con Palamara, sono convinto che la notizia esca da lì

«Ancora non è uscito niente di concreto, ma penso che Sallusti non si sia inventato nulla. Credo abbia delle informazioni». Tra il direttore del Giornale e l’attuale curatore della rubrica delle lettere Vittorio Feltri non corre buon sangue, e questa non è una novità. Eppure oggi in un’intervista con il Fatto Feltri mostra di credere alla storia dei settori della sinistra che spingono la magistratura a indagare per traffico d’influenze illecite su Arianna Meloni. E punta sul rapporto tra Sallusti e Luca Palamara, ex membro del Csm e presidente dell’Anm espulso e rimosso dall’ordine giudiziario: «Hanno scritto due libri insieme, sono molto legati. Sono convinto che la notizia esca da lì».

Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri

Poi corregge il tiro, ma tenendo il punto: «È uno spiffero, suvvia. Poi lei saprà già cosa penso di Sallusti: non è che sia Montanelli (ride). Ma con Palamara sono culo e camicia, l’ipotesi dell ’indagine su Arianna Meloni viene da lui, ne ho la certezza. Se dice che ne ha la certezza, con Sallusti deve averne parlato». Anche se con Sallusti non ci ha parlato: «Me ne frega una sega. Vedremo cosa succede. Ho seguito anche lo scazzo che Sallusti ha avuto con il direttore del suo giornale in questi giorni. Io ho stima di Travaglio, ma stavolta non credo che sia giusto attaccare Sallusti. Mi spiego: se uno vuole sostenere che è un asino, che non sa scrivere in italiano e non conosce nemmeno la punteggiatura, potrei anche essere d’accordo (ride fragorosamente). Però, almeno in questo caso, credo abbia solo riportato un’informazione che ritiene vera. Vedremo, vedremo».

La sconfitta in tribunale

Il Fatto Quotidiano racconta anche la fine di una diatriba giudiziaria proprio tra Travaglio e Sallusti. Il direttore del Giornale aveva chiesto i danni per un editoriale del 2018 in cui veniva descritto come «il cagnolino di Berlusconi». La giudice Antonella di Tullio ha condannato Sallusti a rimborsare le spese di lite (14.103 euro oltre accessori di legge) perché il direttore del Fatto non lo ha diffamato per quell’articolo di cui si era risentito: «Esercita lecitamente al contempo il diritto di satira e di critica colui che ironizza anche pesantemente su un soggetto di pubblico interesse», ha scritto la giudice. «Nell ’articolo in esame non si scredita l’attore (Sallusti, ndr) come persona (…), ma si critica sarcasticamente la scarsa indipendenza di pensiero manifestata dal direttore del Giornale fondato da Indro Montanelli, noto per le sue opinioni critiche e irriverenti nei confronti della politica e della società».

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