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Bambini e diversità di genere, il rettore di Roma Tre al contrattacco: «Progetto a costo zero costruito coi genitori, basta fake news»

01 Ottobre 2024 - 16:13 Redazione
Massimiliano Fiorucci spiega a "Repubblica" perché la campagna di Pro Vita Famiglia non sta in piedi: «Progetto pionieristico, la ricerca è libera»

Non ci sta Massimiliano Fiorucci a tollerare ancora accuse e attacchi piovuti contro la sua università, quella di Roma Tre, per il progetto di ascolto di bambini con dubbi sulla propria identità di genere. Laboratorio gender, è stato chiamato a mo’ di scorciatoia. Ma già quest’etichetta secondo il rettore è fuorviante, e ha contribuito a ingrandire la polemica. Fiorucci, egli stesso un pedagogista e già direttore del dipartimento di Scienze della formazione, risponde colpo su colpo alla levata di scudi di associazioni pro-vita e sigle di destra in un’intervista a Repubblica. Si dice «arrabbiato e allibito» per le strumentalizzazioni, che ora intende ribaltare una per una, per proteggere il suo ateneo da quella che non esita a definire una «campagna diffamatoria». «Siamo un’università e un gruppo di ricerca ha avviato una piccola attività di ricerca di tipo qualitativo – spiega Fiorucci a Corrado Zunino – Un’assegnista ha presentato un progetto per l’ascolto di un gruppo di bambini-adolescenti che nutrono dubbi sulla loro identità di genere. Un progetto, sottolineo, di ascolto, senza alcun tipo di forzatura. Non è un corso e neppure un esperimento e la parola laboratorio gli ha regalato un’aura di mistero che ha fatto esplodere le contestazioni». A partire da Pro Vita Famiglia, che ha lanciato un appello contro il progetto che sostiene abbia già raggiunto quasi 36mila firme. «L’ho vista, molti nomi sono gli stessi ripetuti due o tre volte», replica polemico il rettore.

Le fake news sul progetto e le minacce

Il progetto, tiene a chiarire Fiorucci, prevede in concreto «un incontro con alcune famiglie e i loro figli, quest’ultimi in un’età compresa tra i sette e i quattordici anni, accompagnati dai loro genitori». Denominatore comune: i dubbi dei minori sulla propria identità di genere, che i genitori stessi hanno regalato alla ricercatrice che conduce il progetto e che si propone di raccoglierne idee, pensieri, esperienze, con particolare riferimento al vissuto scolastico e familiare. Il tutto, si tiene a specificare, «nel rispetto della volontà delle famiglie», senza pressioni o indottrinamento. Chiarito il senso del progetto, Fiorucci sfata pure un altro mito sorto negli ultimi giorni. Quello che il progetto “peserebbe” sul contribuente. Quanto costa? Zero euro. Con buona pace di chi al ministro dell’Università ha brandito la minaccia di «tagliare i fondi al progetto». Tutte fake news quelle circolate in ambienti di destra o tradizionalisti insomma? Non ne ha dubbi il rettore. Che punta il dito contro la «crociata e, dietro, il massacro mediatico» partito dopo che un volantino interno sul progetto è sbucato fuori dagli ambienti coinvolti. «Hanno scritto che volevamo ipersessualizzare i bambini, li spingevamo a essere trans. Una vera sperimentazione nazista sui minori. L’accusa, fin qui durata sei giorni, è diventata via via più aggressiva». E le minacce si sono fatte pure personali, contro di lui: «Via mail e attraverso i social hanno scritto che ero un pedofilo, un pervertito, che dovevo marcire in galera».

La ricerca «pionieristica» sulla diversità di genere

Ora a Fiorucci non resta che sperare che la tempesta si calmi, anche in forza di questi chiarimenti. Perché, ribadisce con forza nell’intervista a Repubblica, «la ricerca è libera, finché restiamo un Paese democratico». Di più, «un’università ha il dovere di entrare anche nei fenomeni che esistono in questa società, senza pregiudizi e senza spaventarsi», compreso, sì, il fenomeno ancora troppo poco studiato della «diversità genere nell’infanzia e nell’adolescenza». Un progetto insomma quello appena partito che squarciato il velo delle polemiche si rivelerà «pioniere in Italia e aiuterà a far progredire la comprensione e la consapevolezza della diversità di genere, al di là del mondo accademico».

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