Giulia Cecchettin, un anno dopo il femminicidio il suo liceo vieta il minuto di rumore. Flash mob a La Sapienza: «Le panchine rosse non ci bastano»
A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa 22enne uccisa dall’ex fidanzato reo confesso e ora a processo Filippo Turetta, sono tante le manifestazioni di ricordo e affetto che gli studenti e le studentesse hanno voluto dedicarle. A La Sapienza di Roma si è fatto rumore per un minuto, al posto del tradizionale minuto di silenzio, nei cortili di Psicologia, Lettere e Scienze Politiche. Un modo per attirare l’attenzione sulla violenza sulle donne e per tornare a parlare di femminicidi. «Un grido di rabbia», lo definiscono gli studenti, per ribadire che si continua a «morire di patriarcato». Altri 104 casi, segnala l’Osservatorio Non Una Di Meno, che punta il dito contro un sistema e una classe politica che permettono che queste violenze accadano, strizzando l’occhio a chi vuole esercitare un controllo «sulle nostre vite e sui nostri corpi». Mentre si faceva rumore per Giulia Cecchettin e tutte le altre donne vittime della violenza maschile, il collettivo Bruciamo tutto ha preso la panchina rossa anti-violenza e l’ha pitturata di nero: «Le panchine rosse non ci bastano. Per Giulia bruciamo tutto», hanno rivendicato gli studenti e studentesse, «vogliamo liberare Sapienza da chi in tutti questi anni ha proposto solo pinkwashing, senza indagare a fondo per trovare soluzioni strutturali».
Al Tito Livio di Giulia Cecchettin niente «minuto di rumore»
Mentre a Roma si faceva rumore per la studentessa sequestrata e accoltellata a morte dall’ex fidanzato, all’ex liceo di Giulia Cecchettin la richiesta degli alunni veniva bocciata dal preside dell’istituto. Al Tito Livio di Padova infatti le classi avevano chiesto di poter mettere in atto un minuto di rumore, con le stesse finalità di quello che stavano praticando i colleghi e le colleghe più grandi nella prima università di Roma. Ma per il dirigente scolastico Luca Piccolo non vi era «nulla da aggiungere ai fiumi di parole che sono state dette». Scrive Piccolo nella lettera per motivare la sua decisione: «Proprio perché è necessario interiorizzare questo evento, rielaborare un anno di riflessioni, dibattiti, esternazioni la nostra strada debba essere quella del silenzio. Il silenzio significa scegliere di vivere personalmente, nella calma e nella pacatezza la rielaborazione di una tragedia più grande di noi». Niente minuto di rumore, e alla fine neanche di silenzio, per commemorare Giulia Cecchettin nel suo liceo. Mentre il preside esortava ad accendere una candela per ricordare la giovane, i rappresentanti degli studenti hanno manifestato tutto il loro disappunto. «Avevamo chiesto al preside che ci fosse un momento di raccoglimento collettivo durante l’intervallo a mezzogiorno», ha detto Viola Carollo della Rete studenti Medi, come riporta il Gazzettino «ci è stato negato, e poi con una circolare siamo stati invitati a vivere questo momento nel nostro privato. Non ci siamo stati e alcune classi hanno ugualmente fatto rumore, disobbedendo alle indicazioni della scuola. Perché far rumore è la forma di rispetto che la stessa famiglia Cecchettin ci chiede di fare per Giulia, perché la violenza di genere riguarda tutti e siamo stati in silenzio per troppo tempo».