L’incredibile storia delle suore scappate dal convento di Vittorio Veneto, dove si produce dell’ottimo Prosecco


Cinque monache di clausura da mercoledì sono in fuga dal convento dei Santi Gervasio e Protasio a San Giacomo di Veglia, frazione di Vittorio Veneto. Tre di loro, si sono presentate dai carabinieri per evitare di «esser riportate indietro». Ora, spiega Visetti su Repubblica, sono rifugiate in un alloggio gentilmente offerto da un’associazione di volontariato «in una località segreta del Coneglianese». Ma la fuga, da discreta, è diventata uno scandalo. E tutto parte, secondo quanto ricostruito dal quotidiano, proprio dal commissariamento del convento stesso.
Storia di un commissariamento e della madre Aline che voleva fare il prosecco
Nel 2023 fu cacciata la badessa Aline Pereira Ghammachi, economista arrivata dal Brasile: nel 2018, a 34 anni, fece rumore nella Chiesa per essere diventata la più giovane reggente di un convento italiano. Dopo una visita apostolica — spiega la nota vaticana che indicò il commissariamento del convento — avendo verificato la permanenza di alcune situazioni di criticità relative al servizio dell’autorità e ai rapporti interni, è stata disposta la nomina di una commissaria pontificia e di due consigliere». Al suo posto, spiega Repubblica, furono messe madre superiora Martha Driscoll, 81 anni, richiamata dall’Indonesia e già a capo del convento romano delle Acque Salvie, madre Luciana Pellegatta, prelevata dall’abbazia di Cortona e la psicologa Donatella Forlani, dell’ateneo pontificio Antonianum. «Dal loro arrivo — denuncia una delle suore scappate — il clima è diventato insopportabile. Sono due anni che ci sottopongono a forti pressioni morali e psicologiche. Ci sentiamo soffocate, hanno distrutto una pace durata mezzo secolo». Al commissariamento si arrivò per via di una lettere di quattro suore contro madre Aline, accusandola di «autoritarismo, percosse, violazioni della clausura, atteggiamenti manipolatori, incapacità decisionale». Ed è proprio la questione di “clausura” che fece saltare la mosca al naso nel convento. Perché con madre Aline la struttura divenne produttrice di ottimo prosecco da rilanciare nei mercati locali. Per Papa Francesco le accuse erano infondate. Ma comunque ci fu un azzeramento: quattro accusatrici della badessa furono trasferite in altri conventi e l’ex vescovo Corrado Pizziol, ricostruisce Repubblica, che aveva aperto un centro convegni sotto idea anche di madre Aline, finì missionario in Brasile.
Scontro generazionale
E ora? E ora si cerca di arginare la ribellione del convento. A tentare la mediazione, spiega Visetti su Repubblica, è Mauro Giuseppe Lepore, abate generale dell’ordine cistercense. Si cerca di impedire che le monache fuggite riescano ad ottenere, come richiesto, la dispensa dai voti e il permesso di rompere per sempre la clausura. Lo scontro interno, sottolinea il quotidiano, è generazionale. «Le consorelle anziane – aveva confidato la giovane badessa cacciata – non ci perdonano le foto dentro il monastero, i whatsapp settimanali ai famigliari, un’interpretazione comprensiva delle uscite individuali, la voglia di finanziarci con i prodotti del nostro lavoro». Ovvero quelle creme, tisane, estratti di aloe, miele, ricami, olio, ma soprattutto vino sponsorizzato e prodotto dalla struttura. Le anziane, in silenzio causa improvvisi «esercizi spirituali» vogliono un limite all’ora et labora. Sul convento dei Santi Gervasio e Protasio regnerà il silenzio?
(in copertina il Presidente del Veneto Luca Zaia quando visitò San Giacomo di Vegli. La oramai ex badessa, madre Aline figura accanto al governatore, sulla sinistra. ANSA/ US/ REGIONE VENETO)