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Beppe Scienza: «Vi spiego perché i numeri della previdenza integrativa sono gonfiati e conviene tenersi il Tfr»

previdenza complementare integrativa fondi pensione beppe scienza
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Il prof di matematica: sul lavoratore ricadono costi superiori al beneficio fiscale

La previdenza integrativa, secondo l’Inps, è «un valido aiuto per mantenere, una volta in pensione, un tenore di vita simile a quello che si è avuto durante l’attività lavorativa». Per questo il governo ha ricominciato gli interventi per stimolarla. Anche se l’obbligatorietà del versamento del Tfr ai fondi pensione alla fine non è passato. Ma c’è un problema, spiega Beppe Scienza: i fondi pensione sbandierano vantaggi fiscali da cui appare molto conveniente aderirvi. Ma gli stessi dati ufficiali dei costi dimostrano che di regola vale il contrario. Soprattutto è in perdita per i giovani. Il professore di matematica dell’università di Torino ha anche creato una serie di Faq sul tema, con domande e risposte sui dati numerici.

Professor Scienza, lei nega l’enorme vantaggio fiscale dei fondi pensione?

Nego che sia enorme o anche solo rilevante. Badare solo a esso significa fare i conti senza l’oste, cioè ignorando i costi che comporta l’adesione. Costi che uno si addossa anche per quarant’anni. Occorre valutare obiettivamente l’impatto del risparmio fiscale, invece molti sbandierano numeri gonfiati.

Cosa intende dire?

È falso, come molti raccontano, che si ottiene almeno un 8% in più all’anno, perché il Tfr sarà tassato al massimo al 15% anziché al 23% o più. Sarebbe vero, se uno restasse nel fondo pensione solo un anno.

E qual è allora il vantaggio effettivo?

Bisogna esprimere su base annua quanto aumenta la redditività del fondo. Così abbiamo fatto al recente convegno su “I vantaggi fiscali dei fondi pensione alla prova dei numeri” organizzato dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino. Così viene fuori che per un trentenne con retribuzione medio-bassa il vantaggio fiscale aggiunge solo uno 0,2% annuo. Un disastro.

Ma cosa c’è di disastroso? È pur sempre un miglioramento!

Solo in apparenza, perché i costi dei fondi pensione sui 35 anni sono mediamente 0,4% per i fondi chiusi, 1,2% per gli aperti e 1,8% per i pip. Così ricadono su un lavoratore costi superiori al beneficio fiscale, il saldo è negativo e di conseguenza la fiscalità non vale più come argomento a favore di fondi e pip.

Ma da dove risultano i costi che cita?

Per prevenire contestazioni abbiamo preso i valori medi dell’indicatore sintetico dei costi (Ics), pubblicati dall’organo di vigilanza (Covip). In effetti sarebbe ancora peggio, perché ce ne sono che esso non considera.

E quindi?

Per trarre un sensibile vantaggio dalle agevolazioni fiscali bisogna aderire alla previdenza integrativa pochi anni prima della pensione, non da giovani.

Ma contano anche le performance dei fondi pensione. Recentemente sono uscire simulazioni secondo cui le linee azionarie conducono a un’integrazione al 100% dell’ultimo stipendio.

Sì, in scenari molto ottimistici. Queste simulazioni si guardano bene dal presentare anche gli scenari negativi per le scelte (rischiose) che consigliano. A cavallo dell’ultima grande ondata inflattiva, destinare il Tfr alla previdenza integrativa avrebbe condotto a perdite reali del 77-80%. Questa simulazione non viene mai riportata. L’obiettivo delle scelte previdenziali non deve essere massimizzare i rendimenti attesi, bensì la sicurezza. Per questo conviene tenersi il Tfr.

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