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Stipendi, dal giugno 2026 le buste paga dei colleghi non saranno più un segreto: ecco come chiederle

01 Luglio 2025 - 11:52 Alba Romano
stipendi pay gap busta paga
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Tra meno di un anno entrerà in vigore una Direttiva europea con l'obiettivo di abolire il «segreto salariale». Ecco come aiuterà la lotta al gender pay gap

Dal prossimo giugno lo stipendio dei colleghi non sarà più un segreto. Chiunque avrà diritto a conoscere gli stipendi di chi, in quella stessa azienda, svolge le medesime mansioni o di pari valore. È quanto stabilisce la Direttiva europea 2023/970, che ha fissato il 7 giugno 2026 come data limite entro cui tutte le imprese dell’Unione europea dovranno adeguarsi. Una misura che punta a promuovere la trasparenza e l’equità sul posto di lavoro e soprattutto vuole combattere l’opacità salariale, ritenuta una delle cause principali del gender gap.

La Direttiva europea e le sanzioni salate

In Italia le donne guadagnano il 13% in meno degli uomini per ora lavorata. È da questo dato che parte Miriam Quarti, responsabile dell’area Reward&Engagement della società Odm Consulting, nel suo colloquio con il Corriere della Sera. La direttiva, spiega, consente una «gestione delle persone più equa, trasparente e sostenibile, non solamente riguardo alla differenza di genere». Questa, però, è uno dei punti cruciali della direttiva. Niente più segreto salariale insomma, che fino a questo momento aveva protetto lo stipendio come uno dei segreti personali inviolabili nel rapporto tra datore di lavoro e dipendente. Anzi, l’Ue va ben oltre e arriva a vietare il segreto salariale, promettendo sanzioni asprissime a chiunque non sia disposto ad attenersi alla nuova normativa e dimostrare di non aver attuato discriminazioni. Al momento, infatti, sono meno del 5% le donne che ricoprono ruoli esecutivi e solo il 2% ha la carica di amministratrice delegata.

I vantaggi della certificazione europea

Nello specifico, la direttiva stabilisce che «le lavoratrici e i lavoratori e i loro rappresentanti hanno il diritto di ricevere informazioni chiare ed esaurienti sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere, inerenti alle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore». Non sarà una informazione fornita in maniera automatica ma il dipendente interessato dovrà presentare una richiesta al proprio datore di lavoro, che avrà due mesi di tempo per rispondere adeguatamente. Recepire la Direttiva, sostiene Miriam Quarti, può «ridurre il rischio di controversie legali e sanzioni». Non solo. Servirà anche ad «attrarre e trattenere talenti: la trasparenza salariale può migliorare l’attrattività dell’azienda come datore di lavoro e aumentare la soddisfazione e l’engagement dei dipendenti». Secondo uno studio di Odm Consulting, tra le imprese certificate – e che quindi rispettano le richieste europee – il 75% considera la maternità un valore e il 41,2% offre congedi parentali aggiuntivi oltre il minimo previsto per legge. 

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