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Rapporto Inps: salari fermi, inflazione in crescita e gender gap nelle pensioni. «In cinque anni persi nove punti di potere d’acquisto»

Secondo il Rapporto annuale 2024, negli ultimi cinque anni le retribuzioni sono cresciute dell’8,3% contro un'inflazione del 17,4%. Persistono ampi divari di genere anche sulle pensioni: le donne ricevono in media il 34% in meno rispetto agli uomini.

Negli ultimi cinque anni il lavoro ha perso potere d’acquisto. A certificarlo è il Rapporto annuale Inps 2024, che mette nero su bianco una dinamica preoccupante: tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni contrattuali sono cresciute dell’8,3%, mentre l’inflazione ha fatto un balzo del 17,4%. Risultato: oltre nove punti percentuali in meno nel potere d’acquisto delle buste paga degli italiani. Sebbene negli anni numerosi interventi dello stato su fiscalità e contributi abbiano mitigato l’effetto, il rapporto mostra che la crescita delle retribuzioni nette ha comunque subito una contrazione in termini reali. In altre parole, chi lavora guadagna di più nominalmente, ma può permettersi meno rispetto a cinque anni fa. «Fatto 100 il valore medio del 2019 – scrive l’Inps – nel 2024 si arriva a 108,3», ben sotto il tasso di inflazione cumulato nello stesso periodo. Cresce l’occupazione con 1 milione e mezzo di nuovi iscritti all’Inps, ma il 63% rimane sotto la media europea.

Il nodo delle pensioni: disparità di genere e importi medi

Il rapporto analizza anche il tema delle pensioni, fotografando una situazione altrettanto complessa. Al 31 dicembre 2024 i pensionati italiani erano circa 16,3 milioni, con una leggera prevalenza di donne, 8,4 milioni, rispetto agli uomini, 7,9 milioni. Tuttavia, il divario nei redditi pensionistici resta marcato: gli uomini percepiscono in media 2.142 euro lordi al mese, le donne 1.594 euro, con uno scarto del 34%. A fronte di una popolazione pensionata femminile leggermente superiore, le donne ricevono solo il 44% del totale dei redditi da pensione, 161 miliardi di euro su 364 complessivi. Per via di carriere lavorative caratterizzate da maggiore instabilità e frequenti interruzioni, le donne tendono ad andare più tardi in pensione, 65 anni e 5 mesi, rispetto ai 64 degli uomini.

L’identikit del pensionato medio

Il reddito lordo mensile medio per i pensionati Inps si attesta intorno ai 1.884 euro. Ma la cifra varia sensibilmente a seconda della tipologia di prestazione: le pensioni di anzianità o anticipate, che premiano carriere più lunghe e continue, toccano i 2.133 euro, mentre le pensioni di vecchiaia si fermano a 1.021 euro. Le pensioni d’invalidità raggiungono in media 1.151 euro, mentre quelle ai superstiti si fermano a 855 euro. Ancora più basse le prestazioni assistenziali: appena 502 euro al mese.

Lavoratrici penalizzate dalla maternità

Dal rapporto emerge anche che i congedi parentali continuano ad essere utilizzati quasi esclusiavamente dalle donne, il 92% degli uomini,infatti, non ha usufruito di quello messo a disposizione nei primi 12 anni di vita dei bambini. Sul piano delle tutele delle lavoratrici femminili si riscontrano notevoli differenze tra il settore pubblico e privato: a seguito del primo figlio la probabilità che una donna abbandoni il mercato del lavoro nel settore pubblico si attesta al 6%, ma nel settore privato è più che triplicata, arrivando al 20%.

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