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«Mai vista un’estate così in montagna»: allarme del Soccorso Alpino per l’aumento record di vittime. «Molti si rifiutano pure di pagare»

27 Luglio 2025 - 17:04 Cecilia Dardana
soccorso alpino montagna
soccorso alpino montagna
Maurizio Dellantonio, presidente del Soccorso Alpino Nazionale, denuncia una situazione preoccupante: 83 decessi e 5 dispersi in appena un mese, dal 21 giugno al 23 luglio, praticamente quasi tre incidenti mortali al giorno

«Io, un’estate così, con tanti morti in montagna, non me la ricordo. Siamo oltre ogni limite». È l’amaro bilancio tracciato da Maurizio Dellantonio, presidente del Soccorso Alpino Nazionale (CNSAS), davanti a numeri che parlano da soli: 83 decessi e 5 dispersi in appena un mese, dal 21 giugno al 23 luglio, praticamente quasi tre incidenti mortali al giorno. «Siamo al +20% rispetto alla media degli interventi. Una situazione mai vista», ha spiegato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera Dellantonio, che continua a partecipare attivamente alle missioni di salvataggio, soprattutto in Val di Fassa, dove il ritmo è serrato: fino a 6-8 interventi al giorno.

Gente ovunque, sentieri pieni, zero preparazione

Con l’arrivo delle ferie estive e l’aria irrespirabile delle città, la montagna si è trasformata in rifugio e meta di massa. Ma la folla ha portato anche superficialità. «La gente sale senza esperienza, senza equipaggiamento, senza consapevolezza dei propri limiti», denuncia Dellantonio. Le vittime? Per il 60% escursionisti, spesso colpiti da malori o scivoloni fatali. Il restante 40% è costituito da alpinisti, biker, paracadutisti: «Troppi non conoscono i propri limiti. Vediamo certe cose…». Come il caso di un giovane cuoco trentenne, soccorso pochi giorni fa in Val Senales, dopo aver tentato di salire a Cima Palla Bianca (3.600 metri) in scarpe da ginnastica, partendo alle 22 di sera dopo il turno in cucina. «A 3.100 metri ci ha chiamati perché stava congelando».

I numeri dei soccorsi e il nodo dei costi

Il Soccorso Alpino, in collaborazione con il 118 e la Guardia di Finanza, riesce ancora a reggere l’impatto, ma la pressione è enorme. «Molti non sanno nemmeno che il salvataggio può essere a pagamento», spiega Dellantonio. «In Trentino si paga 750 euro, in Veneto si può arrivare a 1.000 euro se vieni recuperato illeso. Ma metà delle persone salvate si rifiuta di pagare, anche quando si è evitato il peggio».

Il problema dei social

Dellantonio punta anche il dito contro i social: «Uno fa una foto in vetta, il giorno dopo qualcun altro vuole emularlo. Ma senza prepararsi. Sembra quasi umiliante ammettere di non essere pronti». Il risultato? Gente in quota senza mantella, senza ricambi, senza acqua. Solo un escursionista su due si porta un guscio antipioggia nello zaino. «Serve almeno un cellulare carico con l’app GeoResQ, che funziona benissimo», raccomanda il capo del CNSAS. Dellantonio cita anche il caso del 15enne trovato morto in Valle d’Aosta dopo essersi perso: «Non si va mai da soli in montagna. E in quel caso ci saranno conseguenze anche per i genitori. Bisogna essere severi». Anche perché poi succede che le storie tragiche si moltiplicano: «L’anno scorso un uomo ha affrontato una ferrata con la figlia in braccio. Non era neppure legato. L’ho chiamato il giorno dopo: “Ti è andata bene, sei vivo per miracolo”».

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