«Sono solo un voyeur, guardo i bei fondoschiena», il racconto e i tentativi di minimizzare di un iscritto al gruppo “Mia Moglie”: «Che male c’è?»


«Io sono in pensione da cinque anni, ero architetto e anche amministratore comunale per il centrodestra. Ho sempre avuto una vita molto attiva, poi ho smesso di lavorare e da allora passo molto tempo su Internet. Un giorno mi sono imbattuto nel gruppo “Mia moglie”. Mi ha attirato una bella fotografia. Mi definisco un voyeur, in senso positivo: guardo le immagini, anche dei bei fondoschiena… che male c’è?». Così racconta al Corriere della Sera, chiedendo l’anonimato, un pensionato veneto che figura tra i 32.358 iscritti al gruppo Facebook chiuso da Meta dopo le segnalazioni alla Polizia postale. Prima minimizza: «Ci sarò entrato per sbaglio, avrò guardato solo un paio di volte»; poi però confessa di conoscere bene la qualità degli scatti e di averci trascorso più tempo del dichiarato. Contraddizioni che rivelano il paradosso: chi osserva si sente innocente, ma alimenta comunque un circuito tossico.
Il paradosso del voyeur “innocente”
Come lui, dottori, medici, avvocati si sono iscritti al gruppo. Ma l’uomo insiste: «Non ho mai pubblicato niente, anche perché sono divorziato da vent’anni. Quelle foto non erano neanche belle: scatti casalinghi, non certo opere d’autore». Quando gli si fa notare che molte immagini erano rubate e diffuse all’insaputa delle donne, cambia tono: «Se un marito pubblica foto senza il consenso della moglie, significa che non le vuole bene. La considera un oggetto». Ma nonostante questa presa di distanza, non si è cancellato dal gruppo. «Non so nemmeno come si fa», prova a giustificarsi.
Il gruppo “Mia moglie”
A scoperchiare il caso è stata la scrittrice Carolina Capria, che dal suo profilo Instagram ha segnalato l’esistenza del gruppo. Nato nel 2019, “Mia moglie” raccoglieva fotografie private — talvolta intime — scattate da mariti o compagni e pubblicate senza consenso. Ogni immagine diventava pretesto per commenti sessisti, umilianti e spesso volgari. Come è stato scoperchiato il vaso di Pandora, molte di quelle donne hanno cominciato a riconoscersi. Una di loro ha raccontato pubblicamente lo shock: «Oggi ho scoperto di essere nel gruppo “Mia moglie” senza saperlo. Mio marito ha detto che era solo un gioco. Abbiamo due figli e dieci anni di matrimonio. Foto nostre, private, momenti di vita quotidiana. Mi sento spezzata in due. Ho paura che questo si possa ripercuotere sui miei figli in qualche modo. Sono andata da mia madre perché avevo bisogno di andare via da quella casa».
La chiusura (e la fuga altrove)
Di fronte alla valanga di proteste, Meta ha chiuso il gruppo. Ma gli amministratori e i membri più attivi hanno già annunciato la migrazione su Telegram e WhatsApp, promettendo «nuovi spazi sicuri e privati» per continuare. «Saluti e in c… ai moralisti», scrivono nei messaggi di reclutamento.