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L’infermiera che ha scoperto il gruppo “Mia Moglie”: «Un seno e le volgarità, ma tutte insieme possiamo fermarli»

mia moglie gruppo
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Ha 35 anni ed è toscana: «Avevo scritto a Facebook e alla polizia postale, nessuno mi ha risposto»

A scoprire il gruppo Facebook Mia Moglie, prima della segnalazione della scrittrice Carolina Capria, è stata un’infermiera di 35 anni. Si chiama Federica, è toscana e oggi racconta il suo punto di vista sulla vicenda in un’intervista al Corriere della Sera. Nel colloquio con Giusi Fasano Federica spiega di aver visto una fotografia che uno dei mariti anonimi iscritti al gruppo aveva appena postato. Un dettaglio del corpo di una signora e l’invito alla community: «Che ne pensate?». «Guardo quella foto comparsa sulla mia pagina Facebook e mi chiedo: “Che cos’è questa roba?”. Era stata postata da un anonimo. Era il seno di quella donna in primo piano, era evidente che chi l’aveva pubblicata cercava commenti di un certo tipo, che infatti c’erano. Il solito corollario di volgarità. Mi sono incuriosita e ho pensato: voglio proprio capire che fanno, questi», dice lei.

Il gruppo

A quel punto ha cominciato a scorrere la pagina che era aperta a tutti. E ha scoperto le immagini delle partner postate senza permesso: «Dopo aver visto un po’ di foto mi sono detta: “Vabbè, qui dentro ci sono furti di immagini, ci sono reati”. E ho deciso di scrivere a Facebook». Ma non ha ottenuto riscontri. Ha tentato con la polizia postale e non è successo nulla: «E quindi ho deciso di rivolgermi alla scrittrice Carolina Capria che seguo via Instagram e che ha tanti follower. Le ho scritto per dirle: aiutami anche tu a segnalare questa pagina. Lei lo ha fatto e il giorno dopo il caso è letteralmente esploso».

Anche se lei non si aspettava questa reazione: «Anche perché di solito su questi argomenti è difficile sfondare il muro dell’omertà. Si tende a sminuire tutto, a far passare la teoria che è solo un gioco innocente, come ho letto che dicono alcuni degli uomini scoperti dalle loro mogli. Ma non c’entra niente il gioco. E non c’entra il moralismo. Ciascuno è libero di fare quel che vuole ma se un uomo dà in pasto al mondo del web la foto intima di sua moglie senza chiederle il permesso ha un problema con il concetto di consenso, e mi pare che non sia un problema di poco conto. È questo l’aspetto che conta di più in questa storia».

Gli insulti via social

Infine, dice che è contenta «di sapere che se ci si muove in massa, com’è successo dopo la mia segnalazione, le cose possono cambiare e si possono ottenere risultati. Tra l’altro è la prima volta che segnalo qualcosa. Era giusto così. So che a Carolina Capria e alle altre attiviste che hanno amplificato le segnalazioni all’inizio sono arrivati un sacco di insulti via social e questo la dice lunga su quanta strada c’è ancora da fare in questo Paese su questi argomenti. Sono da sempre sensibile alle questioni della violenza di genere. Che sensibilità è se poi puoi fare qualcosa e non la fai? Questo è stato il punto di partenza: potevo fare quel piccolo passo e l’ho fatto».

Ma non vuole far conoscere il suo cognome: «Come dicevo preferirei che ci concentrassimo sul problema e non su di me. Quello che mi spaventa è la questione culturale. Non si parla di uomini malati, si parla di uomini che non hanno consapevolezza del disvalore delle loro azioni. È un problema profondo, e purtroppo temo che non si risolva chiudendo un gruppo Facebook» .

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