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Il virus che uccide i batteri progettato con l’intelligenza artificiale: ecco come funziona

24 Settembre 2025 - 23:00 Davide Aldrigo
virus batteriofagi ai
virus batteriofagi ai
I modelli Evo 1 e Evo 2 hanno analizzato milioni di sequenze per poi sviluppare varianti capaci di attaccare i batteri. E c'è già chi pensa a come si potrebbe creare la vita

Non è ancora stato sottoposto alla revisione tra pari, ma lo studio dell’Università di Stanford pubblicato la settimana scorsa sulla piattaforma bioRxiv sta già facendo discutere. Impiegando due modelli di AI, Evo 1 e Evo 2, un gruppo di ricercatori è riuscito a sviluppare un virus batteriofago, cioè capace di infettare e uccidere batteri. Si tratta del primo virus ottenuto in laboratorio con un patrimonio genetico progettato dall’intelligenza artificiale, “addestrata” su migliaia di genomi simili. «Strategie come questa potrebbero affiancare le terapie a base di fagi già esistenti e, un giorno, potenziare i farmaci mirati a qualsiasi patogeno», ha dichiarato a Nature Brian Hie, biologo computazionale, tra gli autori della ricerca.

Il lavoro dei ricercatori

Il modello Evo è stato addestrato utilizzando un approccio simile a quello dei sistemi linguistici che generano testi, con la differenza che invece di libri e articoli di giornale, ha “letto” milioni di sequenze genetiche. In particolare, gli scienziati lo hanno nutrito con oltre 2 milioni di genomi appartenenti a batteriofagi. Un immenso archivio, grazie al quale Evo ha imparato a riconoscere le regole e gli schemi tipici del linguaggio del DNA. Il passo successivo è stato chiedergli di sviluppare varianti del piccolo fago ΦX174, un virus composto da poco più di 5.000 basi e 11 geni. Evo ha quindi prodotto centinaia di sequenze diverse, alcune delle quali mai osservate in natura. I ricercatori ne hanno selezionato 302, 16 delle quali hanno dato vita a virus funzionanti, capaci di aggredire ed eliminare ceppi batterici di Escherichia coli.

Le potenzialità future dell’uso dell’AI nella genomica

Sebbene lo studio sia ancora in fase di verifica, la ricerca offre già spunti interessanti. La “terapia fagica“, cioè quella per cui i virus attaccano i batteri, ha infatti il vantaggio di agire in modo selettivo contro il bersaglio senza intaccare le cellule umane e svilupparla su misura grazie all’AI potrebbe aprire nuove strade contro il problema della crescente resistenza dei patogeni agli antibiotici. Ma c’è già chi pensa alla creazione della vita in laboratorio. I virus infatti non sono considerati esseri viventi a tutti gli effetti, ma la capacità di un modello come Evo 2, specializzato nell’analizzare e generare intere sequenze di Dna, potrebbe presto arrivare all’elaborazione di genomi per forme di vita più complesse. Un passo alla volta, però. Dopotutto, come ha osservato Hie, è solo «la prima volta che sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di scrivere sequenze coerenti su scala genomica».

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